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18 aprile 2024, Aggiornato alle 19,59
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Politiche marittime

Emissioni CO2, Chamber of Shipping "striglia" l'Imo

La "Camera" degli armatori chiede all'agenzia Onu maggiore incisività e comunicazione. Poulsson: "Aderiamo alle stesse condizioni degli Accordi di Parigi"


a cura di Paolo Bosso

Riportare le emissioni di anidride carbonica ai livelli del 2008, ridurre della metà il rapporto tonnellata-chilometro dal 2050, mettersi d'accordo sulle percentuali con date precise, ma soprattutto spingere l'Imo a comunicare meglio alla comunità globale che lo shipping è un'industria che, tanto quanto tutte le altre, già si sta adattando agli Accordi di Parigi. Nel corso dell'assemblea tenutasi ad Istanbul, che ha visto anche la nomina di Emanuele Grimaldi alla vicepresidenza, l'International Chamber of Shipping (Ics) chiede all'agenzia Onu maggiore incisività. «È importante che l'Imo mandi un chiaro e inequivocabile segnale alla comunità globale: che i legislatori dello shipping hanno aderito agli ambiziosi obiettivi, con numeri e date, allo stesso modo in cui le attività terrestri sono regolate governativamente sotto gli Accordi di Parigi», afferma Esben Poulsson, presidente dell'Ics.

Secondo l'Imo Greenhouse Gas Study del 2014, lo shipping emetteva 921 millioni di tonnellate di anidride carbonica nel 2008. Nel 2012, a seguito dei miglioramenti tecnologici, le emissioni sono diminuite complessivamente del 13 per cento a 800 millioni di tonnellate, pari al 2,2 per cento dell'emissioni totali sulla terra. Lo studio dell'Imo ha previsto che in assenza di ulteriori politiche ambientali le emissioni sono destinate a ritornare sopra I livelli del 2008 a causa del previsto aumento della domanda di merci. Per gli armatori si può tornare indietro di dieci anni sulla quantità di CO2 emessa dalle navi, entro i prossimi trent'anni, attraverso un piano concordato e a scadenze improrogabili. Per far ciò c'è bisogno che l'Imo si dia una mossa, comunicando anche come lo shipping questi obiettivi se li è già posti e ci sta già lavorando. 

Verso l'Imo gli armatori non sono nuovi a queste esortazioni. All'agente regolatore dello shipping - che legifera sulla navigazione imponendo standard mondiali su costruzione, formazione e, appunto, emissioni – i proprietari delle navi mercantili, la categoria che spenderà più di tutte per rendere più sostenibile lo shipping, si rimprovera da sempre un'eccessiva burocrazia e lentezza, più o meno le stesse critiche mosse contro l'Onu. Debolezze difficili da smussare che sono per lo più strutturali a questo tipo di istituzioni considerando che l'Imo raccoglie le istanze di 170 Stati membri. «Il trasporto ha una storia molto interessante da raccontare sulla riduzione della CO2 ma è difficile da trasmettere finché non c'è un segnale chiaro dall'Imo su quali siano gli obiettivi collettivi», continua Poulsson. Il Parlamento Ue ha inserito, a partire dal 2023, lo shipping nel mercato delle quote di carbonio, attirandosi la contrarietà unanime di Imo ed Ecsa, l'associazione europea degli armatori. Il 2023 è anche l'anno in cui terminerà il più ampio piano di raccolta dati sulle emissioni mondiali dello shipping, iniziato quest'anno e in ritardo rispetto alle campagne avviate da decenni da parte degli altri settori industriali. La mossa dell'Ue è stata quindi letta come una provocazione atta a "stimolare" l'Imo a far entrare in vigore nuove convenzioni ambientali più velocemente, adattandosi ai principi stabiliti a Parigi alla fine del 2016. Una tempestività oggi più che mai necessaria di fronte al moltiplicarsi di politiche protezioniste che per il mercato globale dello shipping rappresentano un evento nefasto. Per questo l'Ics vuole «che l'Imo sviluppi una soluzione globale, anziché rischiare di subire misure nazionali o regionali distorsive», si legge in una nota dell'associazione.

L'Ics suggerisce che l'Imo dovrebbe riconoscere le preoccupazioni delle nazioni in via di sviluppo non imponendo vincoli alle emissioni totali di CO2 da parte dello shipping e delle singole navi (la regolamentazione sulle emissioni in corso e futura è incentrata sull'uso di carburanti alternativi o a bassissimo tenore di zolfo). «Una drammatica riduzione dell'anidride carbonica parallela a un incremento del commercio può essere ottenuta solo sviluppando energie alternative ai combustibili fossili», e anche questo, afferma Poulsson, «è qualcosa di cui se ne deve occupare l'Imo». L'Ics però non intende trasformare l'Imo in un capo espiatorio, piuttosto sono i membri a doversi muovere più omogeneamente. «La visione a lungo termine dello shipping – conclude Poulsson – come per tutte le altre economie, dovrebbe essere senza combustibili fossili. Il tempo per ottenerlo potrebbe richiedere decenni. Ma ci si può arrivare solo se sia lo shipping a spingere l'Imo, così che i soggetti interessati non s'illudano sulla dimensione del compito in vista».