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24 aprile 2024, Aggiornato alle 19,49
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Cultura

Archeologia, Afrodite riemerge a Taranto in un mare di polemiche

Una statuetta bronzea ha acceso frettolosi entusiasmi, ma gli esperti frenano. L'approfondimento di Michele Stefanile


Afrodite è riemersa dal mare, questa volta portandosi dietro uno strascico di polemiche. La dea è affiorata dalle acque di Taranto, sotto forma di una statuetta bronzea. Molti hanno gridato alla grande scoperta, paragonabile a quella dei bronzi di Riace, ma i dubbi degli esperti hanno smorzato (per ora) i facili e frettolosi entusiasmi.

Il sub che ha trovato la statuetta, scrive l'archeologo Michele Stefanile sull'Huffington Post, "l'avrebbe sistemata con piacere in salotto, come ha dichiarato, ma ha poi correttamente seguito la legge consegnandola; non a Soprintendenza o Carabinieri, però, ma al sindaco della città, Ippazio Stefàno, che, sentito un anonimo (?) archeologo (che avrebbe datato il pezzo al IV secolo a.C.) non ha resistito, e ha diramato la notizia urbi et orbi. Troppo bella la storia di un'antica dea dal mare: profuma di grande scoperta, con quel tocco atlantideo della civiltà scomparsa, che non guasta mai. E poi chissà, il sub (nella vita un tennista) racconta di altri reperti, nelle vicinanze: un vaso, forse un vascello (sic!)".

Brutto mestiere, quello del guastafeste, continua Stefanile, eppure qualcosa che non va nella statuetta tarantina c'è, a cominciare dallo stato di conservazione: "mai vista una statua bronzea dal mare, come detto rimasta tra le acque per ventitré secoli, senza un'incrostazione, un banale dente di cane, lo straccio di un serpulide. O meglio: un bronzo antico apparentemente pulito, da un sito subacqueo, potrebbe pure saltar fuori, ma in condizioni particolari di giacitura e con una coltre adeguata di sedimenti a coprirlo (costantemente)".


Insomma, la Soprintendenza ha preso le distanze: si tratterebbe di una statuetta che sembra classica, ma non lo è. Caso chiuso? Niente affatto. "La battaglia - scrive Stefanile - è appena cominciata: sono ora gli avvocati del subacqueo a chiedere giustizia di fronte alle dichiarazione della Soprintendenza, a non digerire la definizione di "riproduzione classicheggiante" o la dichiarata assenza di interesse archeologico ("a dire il vero, neanche la Gioconda può dirsi un bene archeologico, ma è universalmente nota per il suo inestimabile valore artistico", annunciano con slancio), a suggerire tecniche di datazione più approfondite (ricordiamo che l'anonimo archeologo aveva sparato un IV secolo a cuor leggero, ma...), a cominciare da quel miracoloso Carbonio 14 che ai non archeologi sembra sempre la soluzione più adatta, anche se in realtà si può applicare solo ai materiali organici". L'Afrodite di Taranto, in un modo o nell'altro, farà ancora parlare di se.