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17 aprile 2024, Aggiornato alle 18,17
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Lo strano caso dell'Italia delle crociere e dei porti specializzati

I dati 2009 Eurostat posizionano il nostro paese al vertice europeo nel movimento passeggeri. Nel traffico merci è seconda insieme all'Olanda. Intanto il trasporto marittimo mondiale segna un calo del 4,5% - di Paolo Bosso


L'Italia marittima può ritenersi più che soddisfatta nel 2009: è il primo paese del Vecchio Continente nei passeggeri movimentati e il secondo insieme all'Olanda per merci transitate. Tenendo conto che nella nostra penisola non c'è una politica portuale nazionale a lunga scadenza e l'economia marittima è sempre stata sottovalutata dai governi, il risultato è notevole. 
Il resto del mondo invece non se la passa tanto bene. Secondo il nuovo rapporto Review of Maritime Transport 2010 dell'Unctad (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo), l'anno scorso il trasporto marittimo globale ha registrato una flessione del 4,5%. In calo quasi tutti i comparti: rinfuse liquide (-3%), greggio, (-3,4%), prodotti petroliferi (2,4%) e container (-9%). I carichi secchi sono stati quelli più colpiti perdendo traffico per la prima volta dal 1983: -5,2%. Gli unici settori ad essere in buona salute sono il gas naturale liquefatto (+7,2%) e le rinfuse solide (+1,4%), va precisato però che quest'ultimo comparto è stato salvato dalle forti importazioni di ferro della Cina (+38,9%), perché le altre tipologie di merci della categoria (bauxite, allumina e fosfati) segnano cali a doppia cifra. 
Per l'Italia a parlare sono i dati Eurostat. L'anno scorso sulle banchine del nostro paese sono passati circa 92 milioni di passeggeri, pari a un quarto (23%) del traffico totale europeo. Nelle merci invece si piazza al secondo posto a 437 milioni di tonnellate a pari merito con l'Olanda. A spiegare nei dettagli le tipologie di traffico ci pensa il presidente Assoporti Francesco Nerli: «Dell'intera somma, il 41% e composto da rinfuse liquide, il 15% circa sono rinfuse solide e il 44% merci varie. Di queste ultime, quelle containerizzate rappresentano il 49%». Da qui la stoccata a chi ritiene che il nostro paese abbia bisogno di un sistema unico dei porti senza scali specializzati: «In totale i container rappresentano il 21-22% - afferma Nerli – il che fa capire che i contenitori non sono tutto e il sistema portuale italiano deve continuare a essere articolato così com'è. E' una risposta a chi continua a dire che abbiamo troppi porti in Italia: non è così. Alcuni scali, come quello dell'arco ligure e adriatico, possono puntare a portare le merci anche verso l'Europa e altri sono importanti per servire il territorio nazionale». Ma questo non vuol dire che non abbiamo bisogno di potenziare i porti già esistenti o di costruire nuove strutture. Uno studio condotto dal Real Estate Advisory Group per Mf Shipping&Logistica evidenzia come per realizzare i quattro principali progetti per i terminal container italiani ci vogliono 1,5 miliardi di euro, che si sommano agli oltre 2,6 per i 13 cantieri già aperti dedicati ai porti turistici. Ciò che manca ai porti italiani, quindi, vale 4 miliardi di euro.
 
Paolo Bosso 
 
Nella foto il porto di Savona