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20 aprile 2024, Aggiornato alle 11,43
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Politiche marittime

Unioncamere, la resilienza dell'economia del mare

Il V rapporto sulla blue economy  fotografa un settore trainato da ristorazione, portualità e cantieristica. Tante le imprese che negli ultimi cinque anni sono cresciute


«Resiliente», con alloggio, ristorazione, portualità e cantieristica a fare da traino. Il V rapporto sull'economia del mare di Unioncamere utilizza un termine mutuato dall'edilizia, dalla psicologia e dall'ecologia per valutare lo stato di salute dello shipping, della filiera ittica e del turismo marittimo. Ne esce una blue economy "elastica", capace non solo di assorbire gli urti di un'economia in affanno ma anche di mostrare segni di crescita più che di altri comparti. Il rapporto è stato presentato il 29 aprile a Gaeta, nell'ambito dell'evento Euro Med Days.
 
Il numero di imprese cresce
Sono 185,223 attualmente le imprese regitrate alle Camere di commercio che esercitano attività legate al mare. Sono cresciute del 5,2 per cento tra il 2011 e il 2015, rispetto a un dato complessivo nazionale in calo dell'1 per cento. La cantieristica rappresenta il 14,8 per cento del totale con oltre 27mila imprese. Le società che si occupano di movimentazione di merci e passeggeri sono 11,081, il 6 per cento del totale.
Le imprese si concentrano nella maggior parte al Sud e nelle isole. Unioncamere osserva che questo dato, incrociato con il valore aggiunto all'economia complessiva e con l'occupazione, denota un contesto ambivalente per il Meridione: nel Mezzogiorno le attività legate al mare sono una delle più importanti fonti di occupazione ma, a fronte della distribuzione della ricchezza, sono anche quelle che cotribuiscono di meno alle casse dello Stato rispetto alle imprese del settentrione e del centro (vedi i dati sulle province).

Quasi un quarto delle imprese della blue economy sono guidate da donne (20,6%). Il 9,8 per cento sono capitanate da under 35. Nel 5,8 per cento dei casi i capi sono stranieri.

Il numero di imprese nel dettaglio 
Alloggio e ristorazione 77,081 (41,6% del totale)
Filiera ittica 33,783 (18,2%)
Attività sportive/ricreative 28,754 (15,5%)
Cantieristica 27,399 (14,8%)
Movimentazione di merci e passeggeri 11,081 (6%)
Regolamentazione e ambiente 6,616 (3,6%)
Estrazioni marine 509 (0,3%)

Alloggio, ristorazione, portualità e cantieristica i settori più prolifici
Alloggio e ristorazione, movimentazione passeggeri/merci e cantieristica sono i tre settori che "movimentano" più economia e "attivano" più produzione, sono cioè quelle che coinvolgono un numero più eterogeneo di filiere economiche e che impattano maggiormente sul territorio.

Valore aggiunto e occupazione in calo ma meno della quota nazionale
Il valore aggiunto dell'economia del mare è pari a 42,6 miliardi di euro nel 2015, il 3 per cento del Pil. Seppur in calo, mostra una maggiore resilienza: -0,4 per cento rispetto a un -2,5 complessivo del Paese. Gli occupati nel 2015 sono il 3,5 per cento del totale nazionale, pari a poco più di 835mila. Nel quinquennio 2011-15, sono in calo dell'1 per cento, a fronte di un'occupazione complessiva in flessione del 3,6 per cento. 

Le province più produttive
Le prime dieci province che incidono di più sul valore aggiunto prodotto dall'economia del mare
Trieste 16,5%
Rimini 13,3%
Genova 13,2
Olbia-Tempio 12,8%
Livorno 12,5%
La Spezia 12%
Savona 10,5%
Ogliastra 9,4%
Imperia 9%
Venezia 8,4%
 
Il V rapporto Unioncamere sull'economia del mare è stato redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Alessandro Rinaldi insieme a: Fabio Di Sebastiano, Mirko Menghini, Marco Pini, Valentina Pescosolido, Monica Riva, Diego Herrera, Simona Leonardi.