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28 marzo 2024, Aggiornato alle 09,52
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Politiche marittime

Sempre più prede negli oceani

In cento anni sono diminuiti di due terzi tonno e pesce spada. Vita facile per acciughe e sardine. Nel 2048 le riserve potrebbero collassare


Tra il 1910 e il 2010 il numero di pesci predatori nel mondo è diminuito di due terzi, a fronte di un conseguente aumento delle prede. Lo indica uno studio della rivista scientifica Marine Ecology Progress Series, pubblicato il 9 ottobre scorso.
 
Il database dello studio ha preso in esame 280 ecosistemi, che in totale coprono il 44% della superficie oceanica, analizzando un arco temporale che va dal 1880 al 2007. L'emisfero Nord è quello più colpito, seguito da Nord Atlantico, Africa dell'Ovest e sudest asiatico. L'area più colpita è l'Oceano Pacifico, dove i pesci predatori risultano diminuiti del 17% tra il 1880 e il 2007. Il periodo di pesca più intensivo al livello globale c'è stato tra il 1970 e il 1990 e il 55% della perdita di biomassa totale è avvenuta negli ultimi quarant'anni.

Lo studio non precisa quali specie sono state colpite maggiormente. Si presume che tonni, squali, pesci spada e cernie, per esempio, siano ormai decimati. Dovrebbero abbondare, di conseguenza, prede quali acciughe e sardine. La colpa non è del riscaldamento globale (secondo il rapporto la biomassa oceanica scende del 5/6% ad ogni aumento di un grado centigrado) ma dell'attività di pesca industriale che negli ultimi quarant'anni è cresciuta molto: tra il 1950 e il 2010 la capacità del pescato è aumentata del 54% (misurazioni effettuate sul consumo giornaliero in kilowatt).
 
«In futuro ci continueranno ad esserci pesci nell'oceano – si legge nel paper di Marine Ecology – ma la distribuzione sarà molto differente da com'è oggi, con le prede che saranno dominanti». Se l'attività della pesca continuerà ai ritmi attuali, nel 2048 le riserve saranno collassate.