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29 marzo 2024, Aggiornato alle 10,06
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Molo San Vincenzo, come gestire il demanio?

Si riapre il dibattito sulla struttura del porto di Napoli dalle forti potenzialità turistiche. Da Masucci, passando per Regione e Authority, tutti d'accordo a riqualificarlo, ma resta il nodo del demanio militare, a cominciare dalla gestione delle cosiddette "palazzine rosse" 


Tutti d'accordo sul molo San Vincenzo (nella foto il faro). Prima la Regione con l'assessore ai trasporti Sergio Vetrella, poi il presidente dell'Autorità Portuale Luciano Dassatti, entrambi disponibili a riqualificare un'area dalle potenzialità enormi per lo sviluppo del turismo che viene dal mare, soprattutto crocieristico. Il molo San Vincenzo è il cruccio di Umberto Masucci, vicepresidente della Federazione del Mare, con un passato alla presidenza nazionale, europea e mondiale degli agenti marittimi. Un cruccio e una passione per la quale ogni occasione è buona per richiamare l'attenzione su questa infrastruttura inutilizzata. L'ultimo intervento, che ha prodotto molto interesse nelle istituzione e tra gli operatori, è stato fatto sul Corriere del Mezzogiorno della scorsa domenica. Una lunga intervista in cui spiegava quello che ormai ripete da tanto tempo. Le reazioni non si sono fatte attendere e l'appoggio è stato unanime: Vetrella, Dassatti, Nicola Oddati, assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Umberto Ranieri, Responsabile Mezzogiorno del Pd, Gianni Punzo, imprenditore di spicco, presidente del Cis e dell'Interporto di Nola. Tutti d'accordo.
Eppure da qui ad avere una passeggiata a mare che da via Acton porti al centro del Golfo di Napoli ce ne vuole. L'ostacolo principale può essere riassunto in una sola parola: demanio. Il molo San Vincenzo è imbrigliato in maglie burocratiche strettissime che ne impediscono la libera gestione. A ben vedere la struttura è equamente divisa: la Marina Militare gestisce le cosiddette "palazzine rosse" - punto di accesso al molo, adibite a uffici sede del Maridist Napoli - e la parte del molo che va dal bacino di raddobbo alla radice; l'Autorità Portuale gestisce il resto della banchina e la Darsena Acton, attualmente destinata all'ormeggio di imbarcazioni da diporto. E' chiaro quindi che prima di progettare ristoranti, case artigiane, percorsi pedonali e quant'altro, occorra prima di tutto sbloccare la gestione demaniale di una zona attualmente off limits. Il che sarebbe possibile solo spostando gli uffici della Marina da un'altra parte (riportandoli a via Cesario Console, per esempio), sbloccando così le palazzine rosse. Sia Vetrella che Dassatti sperano che gli edifici in questione siano alienabili. Anni fa, infatti, la stessa Agenzia del demanio le dichiarò tali. I lavori che permetterebbero l'attracco delle navi, gli estradossi della banchina per esempio, non dovrebbero essere un problema poiché sono compiti che spettano all'Authority. Senza dimenticare che una parziale riqualificazione c'è già stata nel 1998, quando si spesero ben 20 miliardi di lire per ristrutturare le arcate e ricostruire la pavimentazione.
«Il primo passo sarà ottenere dalla Marina Militare l'autorizzazione a far passare i crocieristi e, più in generale, i cittadini negli spazi del molo» spiega Vetrella. Il secondo passo, sempre secondo l'assessore, sarà poi la verifica della effettiva alienabilità degli edifici rossi. Secondo Dassatti «gli ostacoli sono superabili», «con l'assessore Vetrella – spiega al Corriere del Mezzogiorno – abbiamo deciso di chiedere un appuntamento al capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Bruno Branciforte», «ci andremo a giorni – ipotizza il presidente dell'Autorità Portuale di Napoli – forse anche la prossima settimana».  

 
Paolo Bosso