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24 aprile 2024, Aggiornato alle 19,49
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Politiche marittime

Assoporti, due mesi per negoziare

Un documento programmatico in cinque punti da presentare al governo: relazione porti-Stato, autonomia finanziaria, burocrazia, logistica e alleanze. L'imperativo è restare uniti


Assoporti cambia presidente senza cambiare le carte in tavola. Una "staffetta" tra il presidente dell'Autorità portuale di Civitavecchia Pasqualino Monti che succede al presidente del porto di Genova Luigi Merlo. Nuovo presidente, stesso programma per un cambio già deciso a luglio dell'anno scorso quando l'associazione, di fronte all'impasse dell'elezione del nuovo presidente dovuta proprio alla difficile scelta tra i due sopracitati, decise – con lungimiranza – una forma di presidenza di turno. 
Il programma dell'associazione dei porti italiani va avanti, tra una riforma dei porti mai digerita (e mai completamente tale) e un piano nazionale della logistica inesistente. Proprio in questi giorni al Senato la Commissione Lavori Pubblici sta discutendo la riforma delle legge 84/94, ma il mondo portuale è scettico sull'esito. 
Entro due mesi l'assemblea pubblica dei porti italiani preparerà l'ennesimo documento programmatico che manderà al governo. Bisogna «raddoppiare nel giro di poco tempo il gettito Iva e di accise versate all'erario» secondo Monti e un nuovo ruolo delle autorità portuali nei loro rapporti con lo Stato e il mercato. L'imperativo è presentarsi compatti. Visto che il governo mal digerisce le richieste del cluster, almeno se quest'ultimo si presenta con un'unica voce ci sarà un problema in meno da affrontare.
Il documento programmatico si basa su cinque punti: rapporto delle authority con lo stato e il mercato; autonomia finanziaria; «totale riscrittura» della governance dei nostri enti verso una nuova burocrazia; gestione integrata dei territori logistici; «alleanze funzionali» sul fronte passeggeri e delle merci.
Tutto si giocherà sulla capacità di decidere in tempi brevi. «I tempi di decisione e di scelta ai quali eravamo abituati – spiega Monti – non sono più compatibili con le rapidissime trasformazioni in atto nel mercato globale. I porti che operano sulla linea del fronte dell'interscambio mondiale sono quindi chiamati a decisioni, sino a ieri impensabili per un paese come il nostro abituato a mediare anche il suo destino».