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29 marzo 2024, Aggiornato alle 10,06
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Armatori

Marò, Confitarma: "Usciamo con le ossa rotte"

Lettera aperta del presidente d'Amico. "Fortemente deluso e sconcertato per come sono stati descritti gli armatori". E critica chi caldeggia l'idea di sospendere la legge 130


di Paolo Bosso 
 
All'indomani della partenza verso l'India dei due fucilieri della marina militare italiana accusati dell'omicidio dei due pescatori, Confitarma si dice «fortemente delusa e sconcertata per come sono stati descritti gli armatori in questa complessa vicenda in un contesto che, ritualmente, in questi giorni segue le usuali logiche partitiche e pre-elettorali». E' il presidente Paolo d'Amico a parlare, in una lettera aperta, ma indirizzata sostanzialmente, come sottolinea egli stesso alla fine della missiva, a giornalisti e politici. Sì perché queste due categorie sono stati colpevoli, secondo d'Amico, di aver strumentalizzato la vicenda, il primo speculando sulle vicissitudini dei due fucilieri, il secondo per aver proposto (d'Amico si riferisce a «qualche esponente del Parlamento» ma non precisa chi) la sospensione della legge 130 del 2 agosto 2011 che permette l'imbarco di militari a bordo di mercantili italiani. «La classe politica si assume la piena responsabilità morale di voler attuare quest'abbandono lasciando gli equipaggi e le navi inermi, senza alcuna difesa, di fronte all'azione dei pirati» sentenzia d'Amico. Secondo Confitarma una eventuale sospensione della norma sarebbe «scellerata» per due motivi, «il primo perché stiamo manifestando questa volontà al mondo intero e agli stessi pirati che hanno un sistema di "intelligence" non trascurabile; il secondo è che nel frattempo non sono state avviate le procedure per avvalersi di istituti di vigilanza italiani in alternativa ai marò a causa delle deficienze della nostra amministrazione in quest'anno. Aspetto non trascurabile è che il ricorso ad altre forme di assistenza privata straniera (contractors) pur presenti sul mercato è vietato dal nostro ordinamento». In realtà non è vietato, la legge non vieta espressamente l'imbarco di contractors ma è vero che disincentiva il loro arruolamento, permettendo il loro ingaggio soltanto nei casi in cui non sono disponibili uomini del battaglione San Marco, ovvero mai. 

La lettera di Paolo d'Amico:
 
In merito ad alcune dichiarazioni di esponenti politici nel corso del dibattito in Parlamento sulla vicenda dei Marò, mi preme fare presente che l'industria armatoriale è fortemente delusa e sconcertata per come sono stati descritti gli armatori in questa complessa vicenda in un contesto che, ritualmente, in questi giorni segue le usuali logiche partitiche e pre-elettorali.
Innanzitutto esprimo a nome della categoria la totale solidarietà ai due Marò e alle loro famiglie. 
Alcune premesse:
1. L'industria armatoriale italiana svolge un'attività strategica a beneficio del sistema economico del nostro Paese, assicurando rifornimenti di materie prime per conto di importanti noleggiatori quali Eni ed Enel e trasporti in import/export di prodotti finiti. Sulle rotte dell'Oceano Indiano infestate dai pirati viaggia il 30% dei carichi mondiali di petrolio e quasi il 20% del commercio mondiale. 
2. Lo Stato è tenuto a garantire la sicurezza degli equipaggi sulle navi italiane e degli interessi nazionali, nonché a tutelare la libertà dei traffici internazionali. Molte marine militari, compresa la nostra, sono impegnate in tale attività nell'area a rischio pirateria. 
3. L'attività delle forze navali non è però sufficiente a coprire un'area geografica così ampia e quindi la maggior parte degli Stati hanno deciso di difendere le loro flotte mercantili consentendo anche l'imbarco di team armati a bordo. In particolare, l'Italia con la Legge n.130 del 2 agosto 2011 ha consentito il ricorso ai Nuclei Militari di Protezione) e, in via complementare, di team armati privati. Forse non tutti sanno che anche la Francia e i Paesi bassi consentono l'imbarco di militari a bordo di navi mercantili: la Francia prevede a carico degli armatori solo i costi di vitto e alloggio, mentre l'Olanda ha adottato un sistema equivalente a quello italiano.
4. Dal 2005 al 2012 sono state attaccate nell'area dell'Oceano Indiano 41 navi italiane, di cui 4 sequestrate dai pirati somali. Il sequestro più lungo è stato quello della Savina Caylyn e del suo equipaggio pari a 316 giorni. 
5. Ogni giorno sono presenti nell'area a rischio pirateria fino a 10 navi mercantili italiane ed è evidente il grave pericolo che incombe su equipaggi e navi.
6. Dall'entrata in vigore della Legge 130/2011, sono state assicurate da parte dei marò italiani circa 160 protezioni a naviglio italiano e relativo equipaggio e da allora si è registrata una drastica riduzione nel numero degli attacchi e non si sono registrati sequestri. Anche a livello mondiale, da quando si è incrementata la difesa attiva a bordo delle navi in viaggio nell'Oceano Indiano, i sequestri portati a termine dai pirati sono drasticamente diminuiti. Oggi siamo tornati ai livelli del 2007: sono soltanto due le navi sequestrate ancora nelle mani dei pirati somali.
Con la proposta di qualche eminente esponente del Parlamento di sospendere gli "accompagnamenti militari dei mercantili italiani fino a che non saranno cambiate le regole" (con i noti tempi biblici italiani), la classe politica si assume la piena responsabilità morale di voler attuare quest'abbandono lasciando gli equipaggi e le navi inermi, senza alcuna difesa, di fronte all'azione dei pirati.
E' questo il grido di allarme che rivolgo all'opinione pubblica.
Questa scellerata decisione assumerebbe connotazioni più gravi per due ordini di motivi: il primo perché stiamo manifestando questa volontà al mondo intero e agli stessi pirati che hanno un sistema di "intelligence" non trascurabile; il secondo è che nel frattempo non sono state avviate le procedure per avvalersi di istituti di vigilanza italiani in alternativa ai Marò a causa delle deficienze della nostra Amministrazione in quest'anno. Aspetto non trascurabile è che il ricorso ad altre forme di assistenza privata straniera (contractors) pur presenti sul mercato è vietato dal nostro ordinamento.
In assenza di protezione, la nostra classe politica sta condannando inesorabilmente i nostri equipaggi (e trattasi di uomini della stessa nazionalità dei Marò che lavorano in condizioni disagiate) e le nostre navi, a sicuri sequestri.
Ebbene, chi avalla oggi questa iniziativa a livello politico e a livello giornalistico se ne assume tutte le responsabilità.