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19 aprile 2024, Aggiornato alle 18,53
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Infrastrutture

Al porto di Venezia 100 milioni. Merlo: "È un imbroglio"

Il presidente di Assoporti definisce "un blitz senza regole" l'emendamento che stanzia ingenti risorse per il progetto di piattaforma offshore. Il numero uno dell'Autority veneta lo accusa di "totale ignoranza dei fatti"


"Un blitz dell'ultima ora fatto senza il minimo rispetto delle regole". Così il presidente di Assoporti, Luigi Merlo,  ha definito l'emendamento alla legge di Stabilità che stanzia 100 milioni di euro a sostegno del "porto d'altura" di Venezia, la grande piattaforma offshore per greggio e container che l'Authority progetta di realizzare in mezzo al mare. L'emendamento è stato approvato in Commissione Bilancio della Camera su proposta dei relatori Renato Brunetta (Pdl) e Pier Paolo Baretta (Pd), entrambi veneziani. Dal canto suo Merlo, che ha minacciato le dimissioni, tiene a precisare che il suo sfogo non è una questione di campanili (come qualcuno in Laguna ha lasciato intendere), bensì di coerenza: "Qui non c'entra nulla parlare di guerra tra Genova e Venezia - spiega -. Qui si tratta della salvaguardia del sistema portuale italiano e del rispetto delle regole. Ma come? Fino a ieri per tutti i porti italiani erano disponibili solo 70 milioni, ed ora ne saltano fuori 100 solo per Venezia? E' un imbroglio".
Replica a stretto giro il presidente dell'Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa, che in una lettera inviata a Merlo lo accusa di "totale ignoranza dei fatti", precisando che lo stanziamento riguarda un pacchetto più ampio relativo anche ai fondi per il sistema Mose (il sistema per la salvaguardia di Venezia dalle acque alte). "I 100 milioni della mitigazione Mose per il porto d'altura di Venezia  - dice - non c'entrano nulla con i fondi per i porti. Se nel 2016, quando il Mose si alzerà per salvare la città, non sarà operativa la prevista struttura permanente di accesso, il Porto di Venezia dovrà chiudere. Ho cercato – ribadisce Costa - di trasformare una debolezza (il rischio di chiusura del porto) in un asset. Ma questo, se può preoccupare il presidente dell'Ap di Genova, deve rendere felice il presidente di Assoporti".
Intanto, nella bufera del dopo-emendamento, mantiene un profilo basso il vice-ministro dei Trasporti, Mario Ciaccia, che da ragione a tutti e a nessuno, assicurando che del "blitz" veneziano non se ne sapeva nulla e che l'iniziativa non è "stata sollecitata né concordata" dal governo. Ma aggiungendo subito che "la priorità del completamento di un'opera quale il Mose è ritenuta indispensabile per la salvaguardia e il futuro di Venezia". Altri, come il presidente della commissione Lavori pubblici del Senato, Luigi Grillo (Pdl, ligure), sostengono invece che proprio dall'opera per mitigare l'effetto delle inondazioni nella Laguna sono stati sottratti i 100 milioni per la piattaforma offshore.
Insomma, la vicenda presenta ancora degli aspetti che dovranno essere chiariti (si auspica) nei prossimi giorni, ma il dubbio sorge spontaneo, legato ad un vecchio vizio italiano: non sarà che forse chi ha più santi (politici) in paradiso o sulla cresta dell'onda riesce ad ottenere più risorse pubbliche per finanziare i propri progetti? Una volta ancora, suggerisce Alberto Quarati sul Secolo XIX, trionfa il sistema di relazioni politico-economiche "aumma aumma".
Il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, ritiene che questo sia un Paese "vittima di se stesso, incapace di individuare asset strategici e di fare investimenti coerenti, stabili, di lungo respiro. Così si va avanti a colpi di contingenze favorevoli: bastano un paio di parlamentari del territorio, una circostanza fortunata e via... Ma che figura ci fa l'Italia?".