|
adsp napoli 1
25 aprile 2024, Aggiornato alle 19,07
forges1

Informazioni MarittimeInformazioni Marittime

unitraco2
Infrastrutture

Assemblea Assoporti, l'intervento di Verhoeven

Al convegno dell'associazione dei porti italiani, il segretario Espo presenta un'indagine sui porti del mondo. Il dualismo nord-sud, l'autonomia finanziaria, i landlord ports


Tre regioni, tre mondi che insieme compongono i porti del globo: quella anseatica, quella latina e quella anglosassone. L'approfondita analisi di Patrick Verhoeven, segretario generale dell'European Sea Port Organization (Espo), apre così l'assemblea Assoporti, in corso di svolgimento a Roma.
In Europa, indica il rapporto Espo, la maggioranza dei porti è a gestione pubblica. Lo schema geografico è tutto sommato uniforme, ad eccezione del Regno Unito che rappresenta una regione a maggiore partecipazione privata, in alcuni casi addirittura nella forma di porto-impresa molto lontana da quella a cui l'Italia, ma anche l'Europa, sono abituate. Nelle zone anseatiche e latinoamericane si registra invece attualmente una tendenza reciprocamente inversa: le authority latinoamericane premono sempre più sul governo per ottenere maggiore autonomia, mentre nei porti del nordest europeo «si rileva un movimento esattamente opposto, i governi centrali cercano di ottenere un maggiore peso sul governo dei porti».
Il metodo classico per classificare le Autorità portuali in base all'organizzazione interna è quello di suddividerle in landlord ports, tool ports e service ports. Anche qui la distribuzione è uniforme: la maggioranza degli scali sono landlord, porti-proprietari. Questa scelta è caratterizzata dall'assenza di una presenza diretta dell'autorità nei servizi di movimentazione merci a bordo e a terra. Le authority anglosassoni sono invece molto più impegnate sui servizi merci e nautici. Tuttavia, sulla base delle ricerche Espo, anche se la maggior parte dei porti hanno un controllo diretto nell'amministrazione, solo la metà godono di un diritto reale di proprietà sul territorio. «La funzione di landlord pertanto – spiega Verhoeven - si traduce essenzialmente nella possibilità di assegnare aree portuali a terzi, funzione che rappresenta lo strumento più importante a loro disposizione». Dall'analisi emerge così un dualismo nord-sud: i porti latini cercano sempre maggiore autonomia, quelli anseatici, dopo una tendenza alla privatizzazione, stanno ritornando ad assumere più potere. 
Affrontando il tema dell'autonomia finanziaria, così caro all'Italia, l'Espo spezza una lancia a nostro favore: in generale «il finanziamento pubblico rappresenta una minima parte delle entrate», ragion per cui l'autonomia si presenta come un ottimo strumento, differente però da regione a regione. Il Regno Unito è il paese più "autonomo", mentre quelli latini lo sono di meno. Per non parlare dell'Italia. «Le autorità portuali italiane sono probabilmente quelle che hanno minore autonomia» afferma Verhoeven che sintetizza: «mentre la maggioranza delle autorità portuali sostiene pesanti responsabilità sugli investimenti, molte non sembrano avere pieno controllo delle loro entrate». 
L'indagine Espo mostra quindi il dinamismo dei porti del mondo, ma anche una diversità di modelli, in alcuni casi radicali (basta fare un confronto tra un porto inglese e uno italiano). Sull'esigenza di armonizzare la gestione dei porti l'Europa conta su se stessa. «Sarà interessante vedere come il nuovo pacchetto porti della Commissione Europea – conclude il segretario Espo - affronterà questi argomenti. Io sono fermamente convinto che se solo fossero rigorosamente applicati in tutti gli stati membri i principi fondamentali delle norme comunitarie sull'accesso al mercato e sulla concorrenza, già saremmo sulla buona strada per una maggiore armonizzazione nella governance dei porti».