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24 aprile 2024, Aggiornato alle 15,31
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Infrastrutture

Container, Gioia Tauro perde il primato. Superato da Genova

Lo scalo calabrese perde l'11 per cento nel 2017, scendendo a 2,5 milioni di teu


a cura di Paolo Bosso

È Genova, non più Gioia Tauro, il primo porto container d'Italia. Secondo l'Ansa, nel 2017 il porto calabrese ha visto calare i container dell'11 per cento. Se i dati verranno confermati vuol dire che lo scalo calabrese ha perso circa 300 mila container dal 2016, scendendo da 2,8 milioni e 2,5 milioni, circa un centinaio di migliaio meno di Genova che l'anno scorso ha chiuso con un traffico record. Ricordiamo che Gioia Tauro è l'unico porto d'Italia ancora commissariato, non essendo stato ristrutturato nell'Autorità di sistema portuale del Tirreno Meridionale (Gioia Tauro, Crotone, Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo Valentia e Reggio Calabria), come vuole la riforma della legge 84/94, approvata quasi un anno e mezzo fa.

Lo spartiaque è stato il primo semestre del 2017, dove è stato subito chiaro che il porto, uno dei principali hub del Mediterraneo insieme a Pireo e Tanger Med, non avrebbe chiuso un buon anno. A marzo e aprile due ondate di scioperi hanno bloccato l'attività. Dai circa 40 mila container mensili movimentati nei primi sei mesi, il traffico portato dall'unico operatore, Msc, si è dimezzato. L'ultimo periodo di crescita è stato tra il 2011 e il 2013, da allora è stato un declino apparentemente inesorabile, perlomeno del traffico di trasbordo. A luglio è stata costituita l'Agenzia del lavoro (Gioia Tauro Port Agency) - che a ottobre ha approvato budget e piano di chiamata - per gestire i quasi 400 lavoratori in esubero del Medcenter Container Terminal gestito dal gruppo Contship.

Il piano redatto ad aprile scorso da ministero dei Trasporti, terminalista e sindacati per uscire dalla crisi prevede tre azioni: l'integrazione ferroviaria con il porto di Taranto, il quale ha un terminal container fermo dal 2015 dopo l'addio di Evergreen; un nuovo bacino di carenaggio su cui è in corso uno studio di fattibilità ed è stato inserito nel Piano operativo triennale 2018-2020; infine la creazione di una Zona economica speciale (Zes) come prevede il decreto 91/2017 ma ancora senza i decreti attuativi che ne permettano la creazione su richiesta della Regione. E con il Parlamento sciolto e i partiti in campagna elettorale la speranza di vedere le Zes operative presto si fa sempre più lontana.