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29 marzo 2024, Aggiornato alle 10,06
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Politiche marittime

Riforma portuale non va al Consiglio dei ministri

Ancora rinviato il provvedimento. La "rimozione" della norma nello Sblocca Italia potrebbe, però, essere l'occasione per fare una vera riforma. Intanto sono sempre nove, più di un terzo del totale, le authority commissariate


di Paolo Bosso

Su 24 autorità portuali in Italia, nove sono attualmente sotto regime commissariale, pari a più di un terzo del totale, il 37,5%.

1. Manfredonia. Da quando è nata, otto anni fa, non ha mai avuto un presidente ma solo commissari.
2. Catania, dicembre 2012.
3. Napoli, marzo 2013.
4. Piombino, luglio 2013.
5. Olbia, settembre 2013.
6. Cagliari, novembre 2013.
7. Augusta, dicembre 2013.
8. Gioia Tauro, maggio 2014.
9. Ancona, maggio 2014.

È evidente che i commissariamenti portuali in Italia non sono un fenomeno temporaneo dovuto ad un'"emergenza", quale dovrebbe essere la ragione alla base di un commissariamento, ma di una sistematica pratica organizzativa. 
I porti italiani hanno bisogno di una profonda riforma. Altri ennesimi decreti "sfolla-porti" non possono che perpetrare la stessa governance, andando soltanto a soddisfare la necessità del risparmio in questi tempi di crisi, senza fare un passo verso la competitività e il dinamismo, i due elementi chiave per far entrare i porti italiani nel XXI secolo. 
Basta con gli "interventi di emergenza", le "ultime spiagge" o i vari "fate presto" con cui i giornali specializzati adorano titolare: è esattamente questa "necessità emergenziale" che ci ha portato in questa situazione. Emergenza fa rima con speculazione, sempre. Fateci caso: non è da sempre, da anni, da più di un decennio, che si dibatte sul fatto che i porti italiani hanno bisogno ORA di un "cambio di marcia"? Ma se siamo andati avanti lo stesso anche senza, vorrà dire che non c'è alcuna emergenza, soltanto manca la volontà di competere al livello internazionale.
 
Le quindici autorità portuali indicate nel decreto del ministro Lupi
Trasporto Europa rende noti i contenuti della bozza di decreto presentata dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. In esso sono indicate quindici autorità portuali, quasi tutte aggregazione di più porti.
 
1. Genova-Savona.
2. La Spezia-Marina di Carrara.
3. Livorno-Piombino.
4. Napoli-Salerno.
5. Gioia Tauro-Messina.
6. Cagliari-Olbia-Porto Torres.
7. Palermo-Trapani.
8. Augusta-Catania.
9. Taranto.
10. Bari-Brindisi.
11. Ancona.
12. Ravenna.
13. Trieste-Monfalcone.
14. Venezia-Chioggia.
15. Civitavecchia-Fiumicino-Gaeta. 
 
Forse, il mancato inserimento nello Sblocca Italia del decreto proposto dal ministro dei Trasporti Lupi e dal governatore del Friuli Serracchiani (che prevede sostanzialmente lo sfoltimento del numero di autorità portuali) non è una cattiva notizia. Quella del ministro e del governatore non è una proposta di rilancio della portualità, una riforma, ma soltanto un'ennesima revisione della spesa che non fa un passo verso la governabilità.
È la governabilità il futuro della portualità italiana. Ma la bocciatura della proposta Lupi-Serracchiani è una buona notizia soltanto se ad essa seguirà entro l'anno una riforma corposa della legge 84/94, altrimenti vuol dire che allo Stato italiano questi porti piacciono così come sono.

Come si intende qualificare il presidente dell'autorità portuale? È sufficiente stabilire soltanto che sia una "massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale" (articolo 8 legge 84/94) o è arrivato il momento di stabilire precise qualifiche professionali obbligatorie? Quale forma giuridica deve avere l'autorità portuale? Non è forse arrivato il momento di farla partecipare direttamente agli investimenti piuttosto che accontentarsi di inseguire i locatari per raccogliere qualche canone demaniale?
 
Nella foto, il commissario Gordon interpretato da Gary Oldman nel film Il cavaliere oscuro (2008) di Christopher Nolan.