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24 aprile 2024, Aggiornato alle 19,49
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Porti pubblici o privati? Dubbi Ue e italiche certezze

L'approccio "statale" per gli enti portuali contro una visione più snella e innovativa. La riflessione di Tobia Costagliola


di Tobia Costagliola - DL News

 
Dopo due anni di esperienza di riorganizzazione portuale, diventano sempre più evidenti i difetti e le "menomazioni" dovute al mantenimento di un approccio "statale" ed un assetto burocratico all'origine di evidenti vincoli operativi. Al contrario, ci si attendeva una impronta più snella ed innovativa, di natura privatistica, come avviene nei principali porti del mondo. Saremmo stati in sintonia anche con i principali sistemi portuali europei composti da tante imprese, completamente autonome e con gestioni manageriali. Sembra, inoltre, che questa nostra realtà, tanto diversa, non sia ben compresa o non sia stata ben spiegata alla Ue ed è causa di spiacevoli equivoci ed intralci. Si può ritenere che per effetto di questo equivoco la Ue sta contestando all'Italia la mancata o inadeguata tassazione dei porti suscitando un'ondata di indignazione e di proteste da tutto il comparto.

 

Infatti, non è per caso che la Commissione Europea ha mostrato dei dubbi circa la legittimità di alcuni tipi di  trasferimenti dallo Stato Italiano per la realizzazione delle infrastrutture dei porti (es. Diga foranea del porto di Genova, ecc). Potrebbero essere considerati aiuti di stato e  "contrari alla libera concorrenza". Se questo concetto dovesse veramente prevalere, avremmo un gravissimo danno che neutralizzerebbe tutti gli sforzi fin qui fatti. Tutto è possibile. Il nostro nuovo governo dovrebbe subito reagire… ma ancora non c'è.

 

Intanto la Commissione Europea attende la risposta del Governo alla lettera del 4 aprile sulla "tassazione dei porti italiani". È paradossale constatare che mentre la nostra analisi fatta a più riprese, in corso di attuazione della riforma, ha evidenziato la necessità di trasformare, senza indugio, i porti in aziende private, ora dobbiamo anche lottare con la Ue per dimostrare che i nostri porti sono, a tutti gli effetti, nonostante la nuova "governance", dei meri apparati dello Stato che fanno capo al ministero delle Infrastrutture e Trasporti. In conclusione, c'è da sperare che dopo questa positiva esperienza si possa procedere, con una riforma supplementare, alla rinunzia dello Stato a fare l'imprenditore e stimolare, regolare la creazione di un Sistema di Imprese Autonome per la gestione della portualità. Sarebbe un vitale e importante passo avanti.