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28 marzo 2024, Aggiornato alle 09,52
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Politiche marittime

Pirateria, Malacca e Guinea le zone calde

Quinto rapporto di One earth future. Tremila i marittimi coinvolti nel sudest asiatico. Nell'Africa occidentale autorità locali e filibustieri cooperano


di Paolo Bosso 
 
Sono tre le zone calde della pirateria: golfo di Guinea, sudest asiatico e oceano indiano occidentale, anche se in misura minore. Almeno così le suddivide il quinto State of maritime piracy report di Oceans beyond piracy, programma di monitoraggio sulla pirateria della ong londinese One earth future, nata nel 2010. 

Il risultato del monitoraggio per l'anno 2014 mostra una pirateria tutto sommato in calo rispetto ad anni come il 2012, davvero tragici. Ma il fenomeno resta radicato nel golfo di Guinea e in crescita nel sudest asiatico, in particolare nello stretto di Malacca. In Africa dell'Ovest, in pratica, autorità locali e filibustieri cooperano. Calano gli attacchi nel golfo di Guinea, dopo i successi militari degli anni scorsi. Infine nel sudest asiatico sono veramente tanti i marittimi coinvolti in attacchi.

Il rapporto è stato presentato il 10 giugno a Londra, nella sede dell'Army navy club.

Un po' di dati (il pdf con i grafici lo trovate qui. Alla fine dell'articolo li abbiamo suddivisi in immagini)
L'anno scorso sono stati cinquemila i marittimi entrati in contatto con i pirati. Poco più di mille nel Golfo di Guinea, 320 nell'oceano indiano occidentale e 3,600 nel sudest asiatico. 800 di questi hanno subìto una forma di violenza soltanto nel sudest asiatico. In totale circa 1,500 sono stati coinvolti in scontri a fuoco. 
I costi economici del fenomeno sono di 983 milioni di dollari nel Golfo di Guinea e 2,3 miliardi nell'oceano indiano occidentale (il sudest asiatico non è stato conteggiato). 
I morti sono stati in totale sette: cinque nel sudest asiatico, uno nell'oceano indiano occidentale, uno nel golfo di Guinea.

Golfo di Guinea
67 atacchi totali. Nel 2014 gli armatori hanno speso 314 milioni in protezione armata per passare di lì. Sono stati coinvolti 1,035 marittimi, di cui 170 sono stati o sono tutt'ora in ostaggio. Il tasso di successo degli abbordaggi è del 39 per cento, mentre il 58 per cento degli attacchi avviene in acque internazionali. Il numero degli attacchi rimane stabile. La particolarità della regione è l'assenza di persecuzioni nei confronti dei pirati. «Il 70 per cento degli attacchi non viene segnalato, per cui manca una comprensione sufficiente del fenomeno» spiega il direttore dell'International Maritime Bureau Pottengal Mukundan. «Questa cosa – aggiunge - rende difficile capire quanto sono in pericolo i marittimi».

Sudest asiatico
È l'aria maggiormente colpita. 185 attacchi, la maggior parte dei quali (64%) nello stretto di Malacca. Tasso di successo del 93 per cento. Tremila marittimi coinvolti, la metà dei quali coinvolti in sparatorie. tremila Secondo il rapporto Ocean beyond piracy c'è una chiara intensificazione degli attacchi ai danni dei marittimi. Il 90 per cento degli abbordaggi riescono. L'anno scorso ne sono stati coinvolti ben 800, di cui la metà coinvolti in scontri a fuoco. 

Oceano indiano occidentale
18 attacchi totali. Costo complessivo del fenomeno: 2,3 miliardi di dollari, in calo del 28 per cento sul 2013. 
L'High risk area, lo specchio oceanico tra India occidentale e Africa orientale (esteso quanto l'Europa, Russia inclusa), resta in vigore e non viene ridimensionato (qui uno speciale di Informazioni Marittime sulla regione ad alto rischio attacchi). Il 28% dei costi per viaggiare in quella zona sono rappresentate da contromisure, per lo più protezione armata a bordo e costi di bukeraggio maggiori per l'alta velocità di crociera che si mantiene (così è più difficile l'abbordaggio). Una quota in diminuzione, indizio che l'attenzione nell'area sta calando. Che la minaccia non sia più come negli anni precedenti, si nota anche dal fatto che stanno tornando i pescherecci stranieri. Ma, segnala Alan Cole, capo dell'ufficio delle Nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, «stiamo assistendo, dall'inizio dell'anno, a una ripresa degli incidenti legati ad attività di pirateria».

I marittimi prime vittime
La relazione riconosce che i marittimi sono le prime vittime di
pirateria e rapine a mano armata in mare. Un esempio «agghiacciante», come l'hanno definito, sono ventisei ostaggi della nave Nacam 3 che dopo tre anni sono sempre ostaggio dei pirati somali. Secondo l'ammiraglio James Burnell-Nugent, «questo dimostra che la pirateria continua ad essere una minaccia a livello mondiale per la gente di mare. Ci sono contesti specifici che contraddistinguono ciascuna regione, ma vi è una lezione comune nella necessità di affrontare la pirateria attraverso
cooperazione e vigilanza da parte di tutti gli attori del mondo marittimo».
 
Immagine in alto, Capture of the Pirate, Blackbeard, Jean Leon Gerome Ferris, 1920