|
adsp napoli 1
17 aprile 2024, Aggiornato alle 18,17
forges1

Informazioni MarittimeInformazioni Marittime

unitraco2
Armatori

Pirateria, il nodo dei contractors

Convengono più dei militari perché non complicano la gerarchia e non danno le stesse conseguenze politiche (vedi Enrica Lexie). Ma manca una legislazione che li inquadri, su cui l'IMO sta lavorando di Renato Imbruglia  


di Renato Imbruglia
 
Il sistema di contrasto alla pirateria negli ultimi anni sta dando i risultati richiesti, con un forte calo di attacchi riusciti e con la creazione di una rete di protezione e supporto alle navi che garantisce una copertura a trecentosessanta gradi. Il progetto Atalanta, le BMP e i vari programmi di scambio di informazione si sono rivelati importanti ed efficaci; inoltre si vanno sempre più intensificando programmi che puntano ad uno sviluppo della società somala e delle attività legali lungo la fascia costiera, cercando di contrastare la pirateria non in navigazione ma a terra. 
Ma c'è un punto che rappresenta un aspetto controverso nella strategia difensiva delle navi: la possibilità di reclutare Compagnie di Sicurezza Private (CSP). La questione è assai delicata. Per esaminarla in maniera approfondita non basterebbero dieci articoli, per cui si cercherà in questa sede di analizzare soltanto gli aspetti ritenuti fondamentali.
L'argomento è di grande attualità in Italia, che è tra gli stati che hanno una legislazione in merito. La legge 130 del 2 agosto 2011 regolamenta la possibilità per le navi italiane, su richiesta degli armatori, di dotarsi di Nuclei Armati di Protezione (NAP) a bordo, che possono essere utilizzati solo per autodifesa nelle acque internazionali.
 
 
La legge è stata presentata dall'Italia all'IMO nelle ultime settimane, durante le riunioni del CGPCS (Contact Group on Piracy off the Coast of Somalia). L'interesse internazionale si è focalizzato sulla possibilità che anche navi con bandiere straniere si possano avvalere di NAP, ma bisognerebbe risolvere diversi aspetti legislativi ed è un processo assai complesso.
Inoltre, e soprattutto, è oggetto di discussione in questi giorni presso l'IMO e il 21 novembre 2012 anche il Consiglio di Sicurezza ha adottato all'unanimità la risoluzione 2077 che condanna la pirateria. La risoluzione approvata è il frutto di una valutazione generale della pirateria; della situazione sociale ed economica della Somalia, degli sforzi fin qui fatti dalla Comunità Internazionale; a dicembre sono previste nuovi riunioni presso l'ONU per affrontare il problema, ma la risoluzione approvata rappresenta un importante punto nelle attività di contrasto; soprattutto perché ha cercato di guardare il problema nella sua totalità, con considerazioni non solo sugli aspetti più evidenti, ma cercando di mettere in risalto come la pirateria in Somalia crea disagi a tutti i livelli e per tutti i soggetti coinvolti.
Fino l'anno passato non era difficile vedere affidata la security delle navi mercantili a militari dello stato in cui essa era registrata. Il caso più famoso, e che purtroppo ci riguarda, è quello della MN Enrica Lexie. Analizzandolo brevemente si può capire perché oggi le guardie armate a bordo rappresentino una soluzione che offre maggiore garanzie agli armatori e minore responsabilità agli stati. Il 15 febbraio 2012 a circa 30 miglia dalle coste indiane, un'imbarcazione non riconosciuta si avvicinava alla nave Enrica Lexie, la cui protezione era affidata a militari dell'Esercito Italiano; questi, non comprendendo le intenzioni della barca in avvicinamento eseguivano le manovre per garantire la sicurezza dell'equipaggio della nave e del carico. Il dato di fatto inevitabile è che due marinai indiani sono stati uccisi; la nave è stata sequestrata dalle autorità indiane e due militari sono accusati di omicidio e tutt'oggi imprigionati in India. I rapporti diplomatici tra Italia e India sono in una fase molto delicata, i costi per l'armatore e i soggetti coinvolti nella nave sono saliti, lo stato italiano ha dovuto sostenere diverse spese, tra cui una compensazione per i familiari delle vittime.
Qual è il punto critico? Il cuore della questione è semplice: se un militare o una guardia di sicurezza privata opera in territorio dichiarato di guerra, agisce sotto una legislazione che consente determinati comportamenti ed azioni, garantendo una legittimità e una copertura legale. Quando opera in una zona non di guerra, quegli stessi comportamenti non sono consentiti e, nel caso si verifichino, gli autori possono essere perseguiti secondo la legge. Nel caso siano militari a compiere azioni che, seppur di auto-difesa, provocano uccisione o ferimento di civili, viene direttamente chiamato in causa lo stato cui appartengono, con conseguenti problemi.

Le acque interessate ad attacchi di pirateria non sono zone di guerra.
Questa differenza tra intervento in territorio "di guerra" o no è il cuore del problema, ma è bene citare almeno un altro aspetto che rende più appetibile rivolgersi alle CSP: come stabilito dall' European Court of Human Right, nel caso che dei militari arrestino dei pirati, è lo stato di appartenenza dei militari ad avere la responsabilità degli arrestati. 
I problemi quindi si ripresentano. Come anche denunciato dal Security Council dell'ONU, vi sono delle incertezze e delle ambiguità legali che potrebbero consentire a pirati arrestati di chiedere diritto di asilo, o di appellarsi per non essere rimpatriati per motivi politici. Queste richieste che sarebbero rivolte allo stato che ha fornito i militari, si basano su norme di diritto internazionale accettate e rispettate da quasi tutti gli stati del mondo, e creerebbero situazioni molto complicate. Al contrario, le CSP che arrestano dei pirati, non fanno ricadere la responsabilità su nessuno stato (non sono un corpo istituzionale), ma hanno il dovere di rispettare i prigionieri come essere umani. In ultima analisi, i militari che sono a bordo della nave devono sottostare all'autorità del comandante, che è un civile; in molti si chiedono se sia possibile rispettare questa gerarchia, o se invece i militari possano agire in base alle loro valutazioni e competenze. Ancora una volta, le CSP eliminano questo problema, essendo formate da civili.
Nonostante le CPS abbiano quindi dei vantaggi rispetto l'utilizzo di militari, non è evidente quali siano gli standard e le norme cui le CPS devono sottostare.  Appare evidente che bisogna creare dei regolamenti e degli standard minimi garantiti, che consentano di delimitare l'azione delle guardie armate, in modo da garantire la sicurezza a bordo senza però correre il rischio di lasciare alla libera interpretazione delle guardie la gestione delle situazioni che si possono verificare.
Le CPS sono state richieste e incentivate dall'industria marittima, che le considera almeno al pari del controllo militare che la NATO e EUNAVFOR garantiscono nell'High Risk Area (HRA) come strumento di difesa dai pirati. Più volte i rappresentanti di organizzazioni come BIMCO  e ICS (International Chamber of Shipping) hanno fatto presente che le CPS sono uno strumento di autodifesa di maggiore efficienza di altri; ad oggi si stima che circa l'80% delle navi faccia ricorso a guardie armate a bordo durante la navigazione. La questione ha quindi interessato l'IMO (International Maritime Organization) che nel maggio 2011 ha approvato delle linee guida per il reclutamento di quelle che vengono chiamate PCASP (Privately Contracted Armed Secuity Personnel). 
Le direttive dell'IMO rappresentano il punto di partenza per regolamentare le CPS; gli stati interessati dovranno poi creare delle normative specifiche e complete per definire i poteri, l'organizzazione ed il comportamento delle CPS una volta arruolate. L'IMO raccomanda specificamente che, sebbene sia legittimo il ricorso a guardie armate, queste dovrebbero intervenire come estrema ratio in quanto potrebbero causare episodi di violenza eccessiva; pertanto il primo rimedio ad eventuali attacchi di pirati dovrebbero restare sempre le BMP, anche se come già detto, non sono obbligatorie (vedi MSC.1/circ.1406  1045 1333 1334). Le linee guida e i documenti proposti e discussi durante i lavori dell'IMO hanno comunque avuto effetti in varie legislazioni nazionali, che hanno a loro volta stabilito criteri che gli armatori dovrebbero considerare nel reclutare le CPS (Informazionimarittime approfondirà questa questione in futuro).
In questa sede si prenderanno brevemente in esame le guide linea che il governo inglese ha diramato circa un anno fa. Tra le varie normative nazionali, rappresentano probabilmente quelle maggiormente interessanti in quanto è in Inghilterra che si sta sviluppando il mercato di CPS. Il governo inglese nel redigere le proprie linee guida dichiara apertamente che «il governo non riconosce requisiti vincolanti per l'arruolamento di PCS nel settore marittimo. Le compagnie di navigazione devono quindi essere molto selettive nella scelta di una compagnia che provveda sicurezza armata a bordo, seguendo le indicazioni date». Come quindi lascia intendere questo preambolo, non è stato creato un sistema di norme vincolante, ma una certa autonomia di scelta. La mancanza di requisiti minimi obbligatori, se da un lato lascia la scelta all'armatore, dall'altro lato consente a CPS con standard di servizi molto diversi di proporsi al mercato. Pertanto le linee guida inglesi suggeriscono agli armatori di controllare in maniera dettagliata alcuni aspetti di una compagnia prima di sottoscrivere un contratto. Tra questi, si citano: copertura economica e finanziaria, capacità del management e asset societari, standard comportamentali, esperienza delle guardie, paese di registrazione.
Sull'ultimo punto elencato è bene illustrare un concetto importante: a seconda del paese di registrazione, una compagnia di sicurezza può dover seguire un certo tipo di legislazione civile e penale e norme di comportamento che può cambiare da paese a paese. È nella convenienza dell'armatore scegliere una società registrata in un paese con un ordinamento strutturato e completo, che consente di rintracciare i limiti delle responsabilità. Al contrario, andando verso paesi con strutture normative meno rigide, si rischia di trovarsi in difficoltà nel caso d'incidenti, che possono ripercuotersi sull'armatore o sul comandante.
Si era detto quindi che il rischio che la mancata approvazione di norme specifiche comporta una ricaduta sull'offerta del mercato, permettendo a compagnie con requisiti non adeguati di essere arruolate senza incorrere in problemi legali; bisogna quindi riconsiderare quanto detto prima: è l'Inghilterra il luogo dove la richiesta di guardie armate da utilizzare su navi è maggiore.
Come sostengono diverse compagnie, tra cui la Seamarshals, se non si creano discipline specifiche, la lotta ad aggiudicarsi un numero maggiore di contratti potrebbe  influire sulla qualità del servizio, sull'efficacia e sulla sicurezza della nave. E infatti bisogna mettere in evidenza che oggi per seguire in toto le linee guida dell'IMO (che possiamo considerare come le più prudenti ma le più efficaci) bisogna fare affidamento in esclusiva al contratto standard Guardcon [LINK]. Guardcon è un contratto che è stato sviluppato da BIMCO in accordo con le industrie marittime, che consente di stipulare accordi con  CPS utilizzando la legislazione più stringente tra quelle previste, creando quindi una buona base giuridica che legittima le azioni. Il contratto infatti prende in esame i casi che si possono verificare, gli obblighi in capo alle CPS; rappresenta il migliore modo per reclutare guardie armate lasciando residuali possibilità a problemi legali o di altro tipo che possono sorgere in relazione al comportamento delle CPS.
Abbiamo detto che si deve cercare di garantire standard minimi elevati: proprio per questo, da diversi mesi l'ISO (International Organization for Standardization) sta elaborando un progetto di regolamentazione minima per autorizzazioni, certificazioni e verifiche per le CPS; la proposta in corso di opera si basa su tre parametri fondamentali: supervisione da parte degli Stati sulle modalità di comportamento delle guardie; prevedere una piattaforma cui tutti gli stakeholders possono rivolgersi e valutare la base normativa considerata; consentire una certificazione esterna fondata su un sistema riconosciuto di accreditamento. La proposta, ISO PAS 280007, [LINK]prevede poi nel dettaglio il modo di operare delle guardie, la loro struttura e organizzazione, la dotazione di armi; insomma, consente di creare le basi minime e sarà prossimamente discussa all'IMO e in altre sedi. Il lavoro dell'ISO ancora non è stato pubblicato e reso disponibile per una valutazione in sede IMO, ma gli armatori possono comunque già seguire gli standard previsti.
L'uso di guardie armate a bordo è oramai riconosciuto come strumento fondamentale. La nascita di società private rappresenta un mercato che va ben regolamentato e che però, come sottolineano sempre le società armatoriali, rappresenta lo strumento di maggior interesse e efficienza nell'immediata auto difesa delle navi contro gli attacchi dei pirati.