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24 aprile 2024, Aggiornato alle 10,25
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Politiche marittime

Perché l'Italia non è una potenza mediterranea

La posizione, lo sappiamo bene, è strategica, ma non la sfruttiamo a sufficienza. L'articolo di Alessandro Sansoni su Limes


di Alessandro Sansoni - Limes

Se il Mediterraneo sia luogo di "incontro di civiltà" oppure di "scontro tra popoli" è questione che la storiografia moderna ha dibattuto a lungo.

Braudel risolveva il dilemma considerando questo mare - in base alla sua specifica fisiologia geopolitica condizionata dal fatto di essere una specie di immenso lago – entrambe le cose: campo di battaglia e di rapina, ma anche crocevia di traffici e di migrazioni, di contatti pacifici e fruttuosi anche dal punto di vista culturale. Tanto da arrivare a considerarlo come un'area per molti aspetti omogenea sotto il profilo della civilizzazione, dotata di una propria koiné di usanze e di mentalità, nonostante la fondamentale frattura Islam-Cristianità che lo caratterizza da 1.500 anni.

Una frattura che oggi, nell'epoca del fondamentalismo islamico e dell'Isis, sembra ancora più marcata, aggravata da quell'immigrazione di massa che si riversa sulle coste meridionali dell'Europa, generando paure e oggettive difficoltà di gestione. L'Italia, per la sua posizione geografica, è il paese più esposto alla tempesta epocale che sconvolge il Mediterraneo in seguito al caos generato dalle cosiddette "Primavere arabe". Queste, invece della democratizzazione e dell'adeguamento a standard di vita più occidentali, hanno prodotto in Nord Africa e Medio Oriente conflitti civili, instabilità politica e "Stati falliti", con tutti i rischi che questo comporta in un'area cruciale dal punto di vista economico, energetico e diplomatico.

Di fronte a questo scenario è forte la tentazione di alzare barriere. I mass-media tendono a darci l'impressione che questo avvenga davvero: operazioni come "Mare Nostrum" e "Frontex", pur pietose e inclusive nei confronti delle masse di disperati che attraverso la nostra penisola vorrebbero risalire verso l'Europa – e criticatissime proprio perché ispirate da una logica umanitaria – appaiono, sulle cartine che le descrivono pubblicate dai giornali, come il tentativo delle flotte italiane ed europee di porre i nostri i confini e la nostra sorveglianza sul Mediterraneo quanto più lontano possibile dalle nostre coste.
Esse definiscono in qualche il modo il limes, demarcando il confine tra "noi" e "loro". Eppure, proprio perché lageopolitica non permette che sia altrimenti, il Mediterraneo continua a essere non soltanto una frontiera ma anche un decisivo luogo di traffici e di collegamenti marittimi pacifici fruttuosi per tutti, oltre che indispensabili, dal momento che i trasporti di merci via mare continuano a rappresentare il 90% del trasporto mondiale.

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