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24 aprile 2024, Aggiornato alle 19,49
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Napoli, l'Authority chiede le dimissioni di Dassatti

Per i dipendenti "compromesso il rapporto di fiducia". Alla base, un'intervista a Il Mattino di  qualche giorno fa


Il braccio di ferro è durato cinque giorni. Da una parte il commissario all'Autorità portuale di Napoli, l'ammiraglio Luciano Dassatti, dall'altra oltre novanta lavoratori, la quasi totalità dei dipendenti dell'ente. Nel mezzo un'intervista a Il Mattino di sabato 23 nella quale lo stesso Dassatti denunciava uno scarso rendimento dei lavoratori nell'attività dell'ente impegnati su vari fronti quali la verifica dei piani d'impresa dei concessionari, le relative concessioni, il piano operativo triennale (per il quale l'Unione degli industriali aveva espresso parere negativo), i ritardi sul Grande Progetto. Dopo cinque giorni di muro contro muro durante i quali i lavoratori chiedevano allo stesso Dassatti una smentita all'intervista, l'assemblea dei dipendenti dell'Autorità portuale di Napoli, nella riunione di oggi, insieme al segretario generale e ai dirigenti, ha chiesto le dimissioni del commissario straordinario. «I lavoratori tutti, senza distinzione -afferma una nota- hanno infatti ritenuto compromesso il rapporto di fiducia e di rispetto che deve intercorrere tra il legale rappresentante dell'Ente e la struttura guidata dal Segretario Generale». Accusando di incapacità ed inefficienza 91 lavoratori su 96 è stato « leso gravemente la dignità dell'intera Autorità Portuale». «Un attacco incomprensibile -affermano il lavoratori dell'ente porto- se si considera che prima di essere Commissario, Luciano Dassatti è stato per quattro anni Presidente dell'Ente con pieni poteri di stabilire l'indirizzo politico e gestionale dell'Ente e dell'intera comunità portuale. Il Presidente è, difatti, l'unico organo monocratico di vertice, "con qualità esclusivamente tecnico-professionale-manageriale"», cui anche la  Corte Costituzionale attribuisce «"un ruolo fondamentale anche di carattere inventivo, propulsivo, innovativo"», concludono i lavoratori dell'Authority.