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19 aprile 2024, Aggiornato alle 18,53
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Politiche marittime

Legambiente aderisce a Shipbreaking Platform

È la prima ong italiana a entrare nell'associazione che promuove la demolizione sostenibile delle navi mercantili


L'organizzazione no profit Shipbreaking Platform dà il benvenuto a un nuovo membro, Legambiente. È la prima associazione ambientalista italiana ad aderire all'organizzazione no profit con base a Bruxelles che promuove la demolizione sostenibile delle navi mercantili.

«Il nostro impegno per proteggere l'ambiente marino si sposa perfettamente con gli obiettivi di Shipbreaking Platform», commenta Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente. «Gli armatori – continua - hanno la particolare responsabilità di assicurarsi che le loro navi siano smantellate in modo sostenibile. Tuttavia quelli italiani continuano a mandare le loro navi sulle spiagge dell'Asia meridionale, inquinando l'ambiente e mettendo a rischio la sicurezza dei lavoratori. Il nostro obiettivo è di fermare la pratica vergognosa dello spiaggiamento e di perorare la causa dello smantellamento e del riciclaggio sostenibile, che coinvolge tanto l'industria quanto i cittadini italiani». Legambiente, ong nata nel 1980, conta oltre 115mila iscritti e oltre due milioni di persone coinvolte in attività di volontariato, per un totale di 1,500 gruppi locali coordinati da 20 comitati regionali e una sede nazionale a Roma. «Siamo contenti di avere la possibilità di sollevare il tema della demolizione navale sostenibile anche in Italia, dove non si è raggiunta l'attenzione necessaria», ha commentato Patrizia Heidegger, direttore esecutivo di Shipbreaking Platform.

Attualmente, secondo Shipbreaking Platform, quasi tre quarti delle navi in demolizione finiscono in Asia meridionale, la destinazione principale degli ultimi decenni. La maggior parte vengono smantellate sulle coste dell'India, del Bangladesh e del Pakistan, all'aria aperta, manualmente, da parte di una forza lavoro migrante. All'utilizzo di moderni impianti di riciclaggio, più costosi, viene preferito il più economico spiaggiamento per  massimizzare i profitti. Negli ultimi sette anni, circa 90 navi di compagnie marittime italiane sono state smantellate così.