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28 marzo 2024, Aggiornato alle 09,52
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Politiche marittime

La relatività delle statistiche antipirateria

Non sempre sono attendibili. Il database Imb, per esempio, non tiene conto degli attacchi non segnalati. Poi, possono essere manipolati dalle stesse agenzie di sicurezza


Andrew Moulder, analista dell'Office Naval Intelligence (ONI) ed esperto di pirateria moderna, ha pubblicato per la società di sicurezza americana AdavnFort un articolo sull'evoluzione del fenomeno piratesco e sulle modalità di contrasto. L'autore è stato per più di sei anni consulente del dipartimento di Difesa americano per la pirateria, ed attualmente lavora con compagnie di sicurezza privata. Il punto centrale dell'articolo riguarda la raccolta e scambio di informazioni di attacchi pirata.
Moulder mette subito in risalto come la pirateria sia diventata un tema centrale nella politica internazionale, sviluppando «un intenso dibattito tra governi, soggetti privati, organizzazioni internazionali ed altri per analizzare la questione,  decidere dove e come poter agire, cosa deve essere fatto e quanto può incidere l'utilizzo di guardie armate private a bordo delle navi». Come ben noto, l'importanza che ha la pirateria sulla scena mondiale negli ultimi anni ha permesso di sviluppare molti strumenti a disposizione di analisti, studiosi e chiunque abbia interesse nel fenomeno, che possono essere utili per strategie future e per navigare con più sicurezza.
L'autore fa riferimento al lavoro dell'International Maritime Bureau (IMB) che ha sviluppato un database di report e segnalazioni di attacchi pirata alle navi; il database è utilizzato da «molte agenzie governative e non governative come fonte di informazione». Il problema di queste statistiche, secondo Moulder, è rappresentato dalla loro parzialità. Infatti «alcune volte guardare solo ai dati può essere fuorviante. Molti incidenti non sono segnalati per il volere degli armatori che non vogliono rendere pubblico l'assalto pirata. Altre volte le navi segnalate come navi pirata possono essere pescatori e non ci sono modi per controllare la segnalazione. In altri casi gli incidenti o gli assalti riportati non sono collegabili ai pirati. I pescatori, infatti, navigano nelle loro stesse acque e spesso si avvicinano alle navi in transito per evitare che le reti ne siano danneggiate. Anche questi pescatori hanno armi per eventualmente difendersi da pirati, ma ci sono casi in cui il lavoro dell'IMB e le segnalazioni riportate non sono chiare».
Oltre l'IMB ce ne sono diverse altre di istituzioni e organizzazioni che raccolgono dati che poi vengono rielaborati per studiare e contrastare la pirateria, come ad esempio l'Office of Naval Intelligence (ONI). Moulder analizza il rapporto tra questi soggetti e le compagnie di sicurezza privata, introducendo un importante elemento sul modo di operare delle guardie armate, non sempre presente nei dibattiti.
L'autore, che collabora con le società di protezione privata, mette in luce come queste compagnie «chiaramente usino questi dati, sarebbe illusorio pensare il contrario. Inoltre accumulando informazioni si migliorano le modalità di agire. Per esempio, una compagnia che ha un proprio database e non utilizza informazioni che vengono anche da altri soggetti, avrà delle conoscenze limitate e non sarà una buona società». Al contrario, un buon lavoro di analisi consiste nel dare all'armatore e alla nave tutte le informazioni possibili, raccogliendole dove si riesce, e che possano fornire notizie importanti e affidabili, come per esempio «gli attacchi in una specifica area negli ultimi trenta o sessanta giorni, cosi come negli anni passati, fino ad arrivare alle fasi lunari» durante la navigazione. Moulder si sofferma molto sull'importanza della raccolta di informazioni come punto iniziale per poter proteggere e prevenire efficacemente una nave da attacchi pirata, mettendo anche in luce che proprio questo è  uno dei punti di maggior criticità verso le compagnie di sicurezza privata. In diverse occasioni è stato notato che «molte compagnie pubblicano report per mostrare le loro capacità di intelligence quando in realtà stanno semplicemente usando dati alla portata di tutti che spesso sono stati diffusi da soggetti terzi».
Moulder nella sua analisi, parlando dell'importanza dello scambio di informazioni, afferma che questo è un aspetto fondamentale per garantire maggior sicurezza alle navi anche per le rotte successive, cosi che un armatore, potendo contare su dati certi, «può sentirsi libero di non ricorrere alla protezione armata basandosi sulle informazioni avute» 
Resta un dubbio. Le compagnie private hanno interesse che ci siano degli attacchi e delle insicurezze nella navigazione, cosi da poter essere chiamate a garantire protezione. Ci si può fidare ciecamente delle loro segnalazioni e delle loro informazioni? O anche loro hanno dei motivi per alterarle e tutelare il proprio lavoro?
 
(traduzione, Renato Imbruglia)