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16 aprile 2024, Aggiornato alle 09,35
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Cultura

Un uomo di mare

Decio Lucano rievoca la figura del padre, comandante di navi e Croce al Merito di Guerra della Marina Militare


di Decio Lucano - DL News 

Mio padre Dario era un uomo apparentemente poco loquace. Di tre episodi della sua vita, fatti accaduti che hanno segnato la nostra marina mercantile, il viaggio della m/n Sestriere, il comando negli Usa dei primi liberty e soprattutto l'odissea del piroscafo Foscolo, ne parlava pochissimo. Forse ero io che non insistevo con le domande; un metodo che funziona sempre, quando c'è molto da raccontare. Mio padre era un uomo gentile e semplice che nella vita professionale al comando dimostrava però di essere un "disciplinatore di uomini" (come scrisse Vittorio G. Rossi che mio padre mi fece conoscere e da cui nacque una amicizia che dura oltre i limiti della natura). Dote questa che gli consentì di superare con i suoi uomini le avversità in tempo di guerra e in tempo di pace.

 
Mi ricordo quando avevo 8/10 anni che mi portava d'estate a bordo della la sua nave, mettendomi nelle mani del nostromo a imparare a pitturare, fare i nodi o in timoneria alla ruota del timone della Maria Carla, un baby liberty della Tirrenia che toccava i porti principali (e anche i più piccoli) del periplo d'Italia. A quei tempi mio padre era molto brillante, persino un umorista ed un imitatore formidabile che faceva sganasciare dalle risate gli ufficiali nella saletta a pranzo. Era, visto che mi sono lasciato trascinare dall'amarcord, un uomo che sapeva vivere. A Baltimore (ai tempi della consegna dei liberty)  le sue amiche gli avevano fatto uno disegno in cui appare ammiccante tra le donne, un quadretto che è appeso in casa di mia sorella.

Si era diplomato a Fiume sotto l'Austria-Ungheria all'Accademia Nautica, era figlio ci comandante, aveva studiato astronomia e navigazione in lingua ungherese, parlava nove lingue correttamente. Durante la guerra in Marina era ufficiale di collegamento a Bordeaux, Parigi e Danzica. A Parigi mi diceva che aveva conosciuto Sacha Guitry e gli artisti dell'epoca. Era stato vice comandante Marina in Liguria per lo sminamento. Mi ricordava sempre il giovane guardiamarina Giuseppe Longo, che si buttava in mare tra le mine, un ragazzo di coraggio che sarebbe diventato poi Capo Pilota del Porto di Genova.

Nel 1955 la Marina gli conferì la Croce al Merito di Guerra, ma quando andò in pensione a 60 anni fu per lui una tragedia. Imperversava una canzone di Gilbert Bécaud, "Et maintenant che vai je faire?...", era la sua canzone, dal comando alla pensione, e lo vidi i primi anni molto prostrato. Ma non scrisse mai nulla, né parlò dei suoi trascorsi tranne qualche flash che ogni tanto riuscivo a rubargli, dedicandosi poi al Collegio dei Capitani. Credo che i veri uomini di mare (e di azione) siano fatti così, figli di un mare tutto sommato nemico a cui si erano votati come missionari. […]