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19 aprile 2024, Aggiornato alle 10,23
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Eventi

Piloti di Napoli, «ancelle» del porto da 150 anni

Festa alla stazione marittima per l'anniversario del Corpo partenopeo - nato nel 1866 - che da quest'anno serve tutti gli scali del golfo


di Paolo Bosso 
 
È l'ancella del porto, il primo contatto che una nave ha nello scalo di approdo, e oggi compie 150 anni, perlomeno quella di Napoli. È la corporazione dei piloti, che ieri nel capoluogo campano ha festeggiato l'anniversario (anno di nascita: 1866) con un convegno alla stazione marittima e una cerimonia di benedizione alla sua "Torre".

«Qui a Napoli sono i custodi che hanno affiancato armatori quali Lauro, d'Amico, Grimaldi e Aponte. Facciamo un servizio fondamentale che non ha però un rapporto dialettico con la città: non c'è un'immagine nitida del pilota», spiega Luigi Lucenteforte, capopilota del porto di Napoli da pochi mesi. Lucenteforte riflette su una caratteristica propria dei mestieri marittimi, quella di appartenere a un microcosmo autosufficiente e isolato dal territorio. È la caratteristica delle città portuali, un luogo scisso in una difficile convivenza: tra le potenzialità industriali del porto e le esigenze socio-urbanistiche della città. «La nave è la prima di tutte le variabili che incontra un pilota», spiega Lucenteforte. «Siamo uno strumento ancillare, non ausiliare e neppure servile – continua – che opera in acque che conosce meglio di chiunque altro». Un ruolo riconosciuto anche dalle Capitanerie. «Perché non facciamo noi stessi servizio di pilotaggio?», si domanda retoricamente il direttore marittimo della Campania Arturo Faraone, «perché ci fidiamo di un corpo con centocinquant'anni di esperienza. L'impianto normativo non deve cambiare». «Operano al di là delle condizioni materiali – aggiunge il commissario dell'Autorità portuale Antonio Basile -. Nonostante le carenze strutturali del porto di Napoli, riescono a far entrare navi mastodontiche. Sono la garanzia di un servizio improntato sulla salvaguardia del mare e delle persone». Un mestiere che non può cambiare perché riflette la tradizionalità dello stesso trasporto marittimo, come spiega il direttore Fedepiloti Fiorenzo Milani: «Se pensiamo che si sale e si scende dalle navi sempre allo stesso modo e che ci si orienta con sempre lo stesso strumento, la bussola, per quanto sofisticate siano le apparecchiature, un pilota si accorge prima di qualunque tecnologia quando una nave inizia ad accostare: questo fa ancora la differenza». Non c'è proprio niente da riformare di questo mestiere? «Penso che sia arrivato il momento di inserire un "quality standard", rilasciato dalla stessa associazione di categoria insieme all'International Maritime Organization e agli enti di certificazione». 

Per diventare piloti bisogna fare la scuola nautica, ottenere la qualifica di capitano di lungo corso e passare un concorso, ma ovviamente ciò che alla fine rende un pilota tale è l'esperienza in mare tra torre di controllo, banchine e rada. Essere operativi poco prima dell'alba per lavorare fin quasi alla mattina del giorno dopo, come racconta - in una video-intervista nel corso del convegno - uno dei decani dei piloti napoletani, Alfonso Fappiano, classe 1920, che annovera tra le sue giornate di lavoro migliori quelle con oltre dieci servizi di pilotaggio. E sono proprio la verosimiglianza di questi racconti a coronare di un'aura mitica un mestiere che è nato insieme alla nave. «Già il codice di Hammurabi menziona la figura del pilota», sottolinea Gioacchino Longobardo, presidente dell'associazione di Studi e ricerche della marineria della penisola sorrentina. Trattandosi di farsi guidare nel porto di arrivo da uno che lo scalo lo conosce bene, è chiaro che la nascita di questo mestiere, con data e luogo precisi, è impossibile. Comunque, le prime testimonianze documentali risalgono ai Fenici.

I piloti in Italia e a Napoli
«Tra le variegate componenti del cluster marittimo mondiale, quella dei piloti è indubbiamente la categoria più tipica, quella più simile tra loro in ogni porto, più degli agenti marittimi», commenta Umberto Masucci, agente marittimo e vicepresidente Federmare, che ha snocciolato qualche dato sul pilotaggio in Italia. Ad oggi l'organico ne conta quasi 260 distribuiti in 69 porti, con una flotta di 124 pilotine per un totale di 245mila prestazioni l'anno, circa mille per pilota (pari a una media di 2,7 al giorno). A Napoli i piloti sono 13 (dodici più il capopilota, due entreranno con il prossimo concorso), 4 le pilotine: tre di tipo Keith Nelson con due motori da 260 cavalli, più un'altra con un solo motore che opera tra i porti di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. Tutti scali da sei mesi sotto un'unica giurisdizione, quella dei "Piloti del Golfo di Napoli" dopo la fusione della corporazione di Napoli con quelle di Castellammare e Torre Annunziata (decreto del 24 settembre 2015 in vigore dal primo gennaio 2016). «Sarebbe forse il caso di pensare a un sistema unificato anche per Capri, Procida, Pozzuoli, ci sono troppi servizi di approdo differenti», conclude Lucenteforte.