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19 aprile 2024, Aggiornato alle 18,53
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Infrastrutture

Dragaggi, Napoli sempre più in difficoltà

Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti chiedono un tavolo con la Regione per parlare di escavo dei fondali, viabilità e recupero del molo San Vincenzo. Il 23 febbraio riunione del Comitato portuale


di Paolo Bosso 
 
A quasi tre anni di commissariamento (15 marzo), l'attività industriale del porto di Napoli è sempre più precaria. L'elenco delle emergenze si fa sempre più corposo ma c'è un'opera che spicca sopra di tutte e che da sola potrebbe bastare a dare un po' di respiro al porto, i dragaggi. «Ormai non è più uno scalo appetibile e competitivo come un tempo. I fondali sono molto bassi e, se vogliamo essere concorrenziali, occorre risolvere rapidamente questo problema poiché le imprese devono far fronte ad una  concorrenza agguerrita che si è sviluppata sui mercati a tutti i livelli, nazionali e soprattutto internazionali», sintetizza Gennaro Imperato, segretario Fit-Cisl del porto di Napoli. 
 
Ad agosto scorso l'Autorità portuale garantiva l'avvio dei lavori di escavo dei fondali entro marzo di quest'anno ma attualmente non c'è neanche un bando gara, ragion per cui operatori e associazioni di categoria vedono quasi impossibile che qualcosa si muova entro l'anno. Venerdì scorso i sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno scritto a Regione Campania, Comune, Unione Industriali e Autorità portuale per chiedere l'avvio di un tavolo tecnico con la Commissione regionale Trasporti sulla «mancata realizzazione delle opere infrastrutturali». «C'è da escavare i fondali, ampliare la capacità produttiva, la viabilità autostradale e ferroviaria e infine recuperare il molo San Vincenzo» spiega Imperato. Ad essere in difficoltà non sono solo le grandi navi merci ma anche il traffico quotidiano di cabotaggio. Al molo Beverello, a fianco del San Vincenzo - ogni anno punto di  imbarco e sbarco per milioni di turisti in viaggio per le isole del golfo partenopeo -, i traghetti sono costretti sempre più spesso ad ormeggiare in andana, di prua o di poppa, per non rischiare di arenarsi. Un tipo di ormeggio non pericoloso per chi è a bordo ma instabile e difficoltoso per chi governa la nave. 

Secondo gli ultimi calcoli delle associazioni di categoria il porto di Napoli ha un fatturato di 680 milioni, circa 5mila lavoratori diretti e altrettanti nell'indotto. Una filiera industriale che sta perdendo pezzi tra cassa integrazione e contratti di solidarietà che attualmente coinvolgono centinaia di lavoratori. La riforma del sistema logistico e portuale nazionale non c'è ancora, ferma da mesi in una logorante fase di negoziazione con gli enti locali per stabilire il numero delle authority e il loro ruolo. 

Buone notizie potrebbero arrivare dalla prossima riunione del Comitato portuale del 23 febbraio, sempre che non venga nuovamente annullata. L'Authority è alle prese con il bilancio di previsione 2016 che da dicembre scorso non riesce ad approvare. Mancano all'appello i 77 milioni di euro di fondi europei nonostante le garanzie della Regione Campania, soldi che includono anche le risorse per i dragaggi. L'Autorità portuale napoletana è sotto regime commissariale da due anni e undici mesi e dall'inizio di quest'anno va avanti con la gestione provvisoria e le spese ridotte per dodicesimi, dovendosi rifare al bilancio 2015. «C'è la necessità di un presidente che riporti in auge il ruolo istituzionale dell'ente e soprattutto la pace sociale» conclude Imperato.