|
adsp napoli 1
18 aprile 2024, Aggiornato alle 19,59
forges1

Informazioni MarittimeInformazioni Marittime

unitraco2
Politiche marittime

Rifiuti navali, l'Ecsa vuole direttive più efficaci

In vista di una sua revisione, l' European Community Shipowners' Associations  riassume in un paper i punti deboli dell'atto comunitario


In vista della revisione della direttiva europea in materia di trattamento dei rifiuti navali (59/2000, una sintesi dei contenuti la trovate qui), L'European Community Shipowners' Associations (Ecsa) elenca quali sono gli elementi che oggi mancano a un atto comunicario risalente a quindici anni fa. È incompleta in primo luogo sulla sua applicazione: di fatto non è ancora con gli Stati membri. L'Ecsa spiega in un paper dedicato come la direttiva «prevenga gli scarichi illegali e incoraggi le navi a depositare i rifiuti nei luoghi appropriati», ma la sua implementazione «manca di un'appropriata armonizzazione».

La direttiva obbliga i porti europei ad attrezzarsi con determinati regimi di raccolta e controllo. Tra le altre cose, gli scali devono disporre di piani di raccolta e far pagare alle navi una "fissa" del 30 per cento dei costi sostenuti dal porto a prescindere da quanti rifiuti producono. Inoltre, ogni anno devono essere controllate sulle modalità di smaltimento almeno un quarto delle navi che approdano.

Attualmente i punti deboli della direttiva individuati dall'Ecsa sono cinque:

• Inadeguata capacità dei porti di accogliere il volume di rifiuti prodotto dalle navi
• Sistema di prelievi non ancora ragionevole, armonizzato e funzionale
• Regime di classificazione europeo ancora assente
• Mancata armonizzazione con la Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (Marpol)
• Mancanza di un sistema di monitoraggio efficace, soprattutto quello elettronico

La direttiva è ancora buona, ci tiene a chiarire l'Ecsa, ma non è efficace. Solo con questi miglioramenti sarà possibile applicare «le misure necessarie per gestire nel modo migliore il ciclo dei rifiuti navali». «Affinché la direttiva sia efficace - spiega il segretario generale dell'Ecsa, Patrick Verhoeven - nei porti comunitari devono essere disponibili adeguati impianti di raccolta. Inoltre queste strutture devono essere in grado di gestire nuovi tipi di rifiuti, come l'acqua di zavorra e i liquidi degli scrubber, derivanti da norme ambientali più severe (in primis la Marpol ndr). Il passo successivo è quello di assicurare che la tariffa pagata al porto di scalo sia strutturata in modo tale che incoraggi gli armatori a consegnare i rifiuti della nave alla struttura idonea». «Il meccanismo di controllo e di applicazione - aggiunge Benoit Loicq, direttore per la sicurezza marittima e l'ambiente dell'Ecsa - deve essere efficiente. Dovrebbe essere basato su ispezioni, ma anche su un sistema elettronico che possa consentire agli armatori di segnalare carenze della direttiva, ma anche di ricevere informazioni sulla disponibilità di impianti portuali di raccolta prima di scalare un porto dell'Unione Europea».

L'Ecsa nasce nel 1965, comprende i principali armatori europei e soprattuttto nordeuropei, rappresentando il 40 per cento della flotta mercantile mondiale.