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29 marzo 2024, Aggiornato alle 10,06
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Politiche marittime

Lo shipping inquina sempre meno

Secondo l'Ics tra il 2007 e il 2012 le emissioni di CO2 sono diminuite di un decimo, a fronte di una forma di trasporto che incide soltanto per il 2,2 per cento


di Renato Imbruglia 
 
Cominciano a farsi sentire i primi effetti per lo shipping della politica internazionale di riduzione dell'inquinamento, dopo l'introduzione negli ultimi anni di limiti sempre più stringenti alle emissioni di gas nocivi. Secondo l'International Chamber of Shipping (Ics), l'associazione che rappresenta l'80 per cento dell'armamento mondiale, tra il 2007 e il 2012 le emissioni di CO2 da parte delle navi mercantili sono diminuite del dieci per cento, nonostante i traffici marittimi in generale siano aumentati. Tutto grazie all'uso di tecnologie che hanno permesso un minore inquinamento dei motori. La strada intrapresa è sempre più virtuosa: si prevede un'ulteriore riduzione del venti per cento delle emissioni negli ultimi quindici anni (2000-2015), cinque anni prima (2020) di quanto fosse stato preventivato dall'International Maritime Organization (Imo), l'agenzia Onu che legifera sulla navigazione marittima in tutti i campi, dal sanitario al lavorativo, dagli standard di costruzione a quelli sulla sicurezza. Ics sottolinea l'elemento universale dello shipping: è l'unico settore che ha una normativa mondiale applicabile più o meno al 95 per cento della flotta mercantile.

C'è da precisare che il traffico marittimo mondiale, inteso come un'industria, inquina pochissimo rispetto ad altre catene della distribuzione, come quella agricola o della carne: il commercio marittimo rappresenta circa il 90 per cento degli scambi commerciali mondiali, ma le emissioni di CO2 incidono per il 2,2 per cento.

Il lavoro sulla riduzione delle emissioni che le compagnie marittime hanno iniziato negli ultimi dieci anni circa è stata la conseguenza delle nuove regole adottate dall'Imo. Nuovi motori e scafi permettono alle navi di avere un'efficienza molto maggiore nel rapporto tra consumi ed emissioni, sebbene le dimensioni e la capienza delle unità aumentino. Oggi si naviga verso navi da 20mila container da venti piedi (teu) di capacità. Non vuol dire che in giro ci sia solo questo tipo di navi, anzi sono  e resteranno la minoranza, almeno per un bel po'. Ma saranno queste a costituire nei prossimi anni le navi madri delle direttrici di traffico intercontinentali. Ics sottolinea come le nuove portacontainer potranno trasportare la stessa quantità di merci di diecimila tir, utilizzando un solo grammo di benzina per una tonnellata per chilometro. Un'economia di scala formidabile rispetto a qualunque altra forma di trasporto, come conferma anche un recente studio del Clean Cargo Working Group.

Sulla base delle future regole Imo, questi bestioni (e tutte le navi mercantili di una certa stazza) dovranno garantire dopo il 2025 una riduzione del trenta per cento delle emissioni rispetto a oggi, e del 50 per cento entro il 2050.

Oltre che alla riduzione delle emissioni, l'Imo sta valutando nuove misure sull'impatto preventivo. Tra i vari progetti che vorrebbe portare avanti insieme all'Ics, c'è quello di misurare le emissioni di tutte le navi delle varie compagnie già per il 2018, in modo da creare un registro di classifica per tipologia, emissione e bandiera. Un programma ambizioso che solo l'Imo potrebbe gestire, e che potrebbe far segnare un punto importante a favore del trasporto marittimo, anche in vista dei progetti di politica infrastrutturale locali, come per esempio il traffico di cabotaggio delle autostrade del mare.