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20 aprile 2024, Aggiornato alle 11,43
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Politiche marittime

Mediterraneo, northern range, e l'Italia ferma in mezzo

Il rapporto Srm-Banco di Napoli sul trasporto marittimo nel nostro bacino mostra un traffico florido quasi quanto il baltico. Ma l'Italia, a parte il cabotaggio merci e passeggeri, non fa altro


di Paolo Bosso 
 
Il secondo rapporto annuale del Banco di Napoli sull'economia marittima del mediterraneo riporta un bacino logistico in salute, se si guarda al lungo periodo e in una fotografia di insieme. A vedere invece da vicino il nostro paese la situazione, secondo il centro Studi e riceche per il Mezzogiorno (Srm) della banca partenopea, è quella di un sistema portuale in stallo. Una penisola con 7.600 chilometri di costa che movimenta tantissimi passeggeri, fa tanto trasbordo, ma che non è allacciata logisticamente con l'efficace sistema di trasporto del Nord Europa.

Secondo il rapporto c'è da migliorare le infrastrutture logistiche italiane in tre mosse: integrazione intermodale, attrazione di investimenti esteri e "logistica del Mezzogiorno". La prima mossa è forse l'investimento più impegnativo, visto che si tratta di mettere mano agli allacci ferroviari che, per esempio nell'hinterland campano, sono carenti. La seconda mossa, secondo Srm, è rappresentata dalle zone economiche speciali, quelle aree con tassazioni agevolate o del tutto esenti. Infine, la "logistica del Mezzogiorno" non è altro che un'agenda politica, una volontà di voler sviluppare il trasporto merci nel Meridione d'Italia.

Quanto vale l'economia marittima in Italia
Secondo i calcoli Srm vale 43 miliardi di euro e dà lavoro (indotto e diretto) a 800mila persone.

Il sistema marittimo del Mediterraneo
Quello del Mediterraneo, se pensato tenendo conto dei sistemi portuali dei paesi che vi si affacciano (principalmente Nord Africa, Spagna meridionale, Italia alto adriatica e tirrenica, Grecia e sponda Est), non ha nulla da invidiare al Northern Range, movimentando il 33 per cento dei container che girano per il mondo, il sistema portuale del Baltico ne movimenta poco di più, il 42 per cento.
Quello mediterraneo è un sistema portuale che fino a vent'anni fa praticamente non esisteva. Nel 1995 movimentava 9,1 milioni di teu, oggi cinque volte tanto, 45 milioni di teu.

Lo stallo dell'Italia, primo paese europeo nel cabotaggio merci
L'Italia è al diciassettesimo posto da dieci anni nel Liner shipping connectivity index, l'indicatore Unctad che misura la competitività marittima di un paese (Olanda e Germania sono al primo posto ovviamente). La metà delle merci che l'Italia movimenta nei suoi porti è alla rinfusa, poco più di dieci milioni sono i container movimentati ogni anno. Il suo primato è nel traffico a corto raggio, il cabotaggio merci, lo short sea shipping, dove siamo i primi in Europa con poco più di 200 milioni di tonellate l'anno.

Il boom delle zone economiche speciali
In linea con il liberismo sfrenato, negli ultimi trent'anni le zone economiche speciali sono passate da 79 del 1975 a 3.500 del 2005. La maggior parte si trovano negli Emirati Arabi, Cina e Nord Africa. Il 60 per cento sono gestiti da privati. Questo spiega parte dell'enorme sviluppo dei porti del Nord Africa.

Nord Africa in grossa espansione
L'anno scorso Tanger Med ha movimentato 3 milioni di teu, il 20 per cento in più del 2013, ed ha un decimo della quota del traffico container mediterraneo.

Navi giganti, pochi attracchi
Nei prossimi tre anni le portacontainer tra le 13mila e le 21mila teu saranno 221. Ma pochissime di queste attraccheranno nel Mediterraneo. Ci transiteranno, scaricheranno in un pugno di porti - Algeciras, Pireo e Gioia Tauro i principali – ma il grosso continuerà verso i grandi sistemi logistico-portuali di Anversa, Amburgo e Rotterdam. Per esempio, la classe "tripla E" di Maersk, le portacontainer più grandi dell'armatore (19mila teu), dalla Cina al northern range faranno tappa solo ad Algeciras nel Mediterraneo. 
Nel 2018 la flotta mondiale di portacontainer salirà a 22 milioni di teu. Una capienza enorme, eccessiva rispetto alla capacità di movimentazione complessiva dei porti del mondo. È il fenomeno dell'oversupply, dell'eccesso di capacità, che influisce in maniera importante sui tassi di nolo delle stesse navi.

Mondo globale, armatori globali
Il mondo armatoriale è sempre stato caratterizzato da grossi soggetti più che da una pluralità di compagnie. E lo sarà ancora di più in futuro ora che sono i grossi armatori ad allearsi. Cinque armatori, alleati in due distinte joint (2M, Maersk Line+ Mediterranean Shipping company; Ocean Three, Cma Cgm+Csl+Uasc), controlleranno in futuro una grossa fetta della direttrice Asia-Mediterraneo: il 39 per cento la 2M, il 27 per cento la Ocean Three. Il resto sarà controllato da altre due alleanze: G6 (Nyk, Oocl, Hapag Lloyd, Apl, Mitsui Lines, Hmm) al 23 per cento e Ckyhe (Hanjing Shipping, K Line, Evergreen, Yang Ming, Cosco) al 26 per cento.
 
Immagine in alto (via)