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18 aprile 2024, Aggiornato alle 19,59
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Risorsa mare, l'importanza della ricerca

La crescita dell'economia blu deve essere accompagnata dallo sviluppo delle conoscenze scientifiche nel settore: è quanto emerso dall'incontro di studio svoltosi alla stazione Dohrn di Napoli


di Marco Molino

E' un patrimonio immenso e (quasi) inesauribile quel "profonfo blu" che dobbiamo conoscere meglio per poterlo adeguatamente proteggere e valorizzare. Copre il 70% della superficie terrestre ed è stato l'assoluto protagonista dell'incontro di studio tenutosi ieri presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn, primo appuntamento nell'ambito del Naples Shipping Week. Al centro dell'attenzione Le risorse del mare: opportunità, rischi e necessità di sapere che Desirée Quagliarotti, ricercatrice dell'Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo (Cnr) ha analizzato nella prospettiva del XXI secolo.

La politica sostenibile dell'Europa
«Gli ultimi 250 anni di crescita industriale – ha spiegato la studiosa - hanno modificato il clima e gli equilibri naturali. Ma questa crescita non è sostenibile. Nei prossimi anni, una sempre più grave scarsità di risorse idriche, di terre coltivabili, di fonti energetiche (per l'80% siamo ancora dipendenti dalle fonti fossili come petrolio e carbone), concorreranno ad acuire la crisi alimentare. Già nel 2009 circa un miliardo di persone nel mondo era denutrito». Da questo quadro inquietante emerge una consapevolezza: il sistema produttivo deve coniugarsi con lo sviluppo sostenibile. Qui entra in gioco l'economia blu che impiega nel mondo 5,4 milioni di persone e produce un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro l'anno. Non a caso, da diversi anni l'Unione europea sta sostenendo il settore con numerose iniziative che si articolano sostanzialmente in tre ambiti: le conoscenze oceanografiche, la pianificazione dello spazio marittimo e la sorveglianza marittima integrata da parte delle istituzioni. «L'evoluzione dell'economia blu – ha aggiunto la Quagliarotti - potrebbe assicurare ingenti risorse alimentari ed energetiche se ottimizzata e pianificata in modo responsabile. Ma l'ecosistema marino è molto fragile, sempre minacciato dall'inquinamento e dallo sfruttamento eccessivo della fauna marina e delle risorse idriche. Senza contare che i cambiamenti climatici, con lo scioglimento dei ghiacci e l'innalzamento del livello dei mari, provoca l'acidificazione degli oceani e il deterioramento della vita marina».

Microalghe
Lo studio del mare rimane quindi la via maestra per la difesa di questa straordinaria ricchezza e per il suo intelligente sfruttamento. E c'è ancora molto da fare in tal senso se si considera che attualmente gli scienziati hanno scoperto e classificato solo il 15% della flora e della fauna marina. Un esempio di sviluppo costante delle conoscenze è il campo delle microalghe, presenti nei nostri mari in infinite varietà. «Le microalghe ci circondano – ha affermato Adriana Zingone del Laboratorio di Ecologia ed Evoluzione del Plancoton della Stazione Dohrn -, sono presenti nel plancton come sulle macroalghe. Possono essere considerate buone ed utili, come quando le utilizziamo per la produzione dei biocarburanti o negli integratori alimentari, ma anche cattive se producono tossine che possono accumularsi nei mitili e diventare pericolose per la salute dell'uomo. Solo in Campania ne abbiamo individuate 46 tossiche, ma sono diffuse in tutto il Mediterraneo. E' noto a tutti – ha ricordato la Zingone - il caso della Ostreopsis che nel 2005 intossicò e provocò il ricovero di circa 200 bagnanti su una spiaggia della Liguria».


La ricerca prima di tutto
Di fronte ad una tale complessità dell'universo marino, l'investimento più importante rimane quello dello studio scientifico, precondizione per lo sviluppo di tutti gli altri settori. E l'iniziativa privata può avere un ruolo determinante nel sostegno della conoscenza, con vantaggi reciproci. Come è accaduto con la compagnia armatoriale di navi oceanografiche Sopramar, nata nel 1981 da un'idea del comandante Michele Tramontano. «Con la sua flotta – ha raccontato Massimo De Lauro dell'Istituto per l'Ambiente Marino Costiero (Cnr) – supporta le attività del Centro Nazionale per le Ricerche e dell'Ispra, ma ha collaborato anche con la stazione Dohrn. Soltanto la sua nave ammiraglia, l'Urania, ha svolto dal 1992 oltre trecento campagne scientifiche e ancora tanti progetti ci sono in cantiere».