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19 aprile 2024, Aggiornato alle 18,53
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Demolizioni navali, un mondo a parte

Nonostante le iniziative per migliorare gli standard di sicurezza, nei cantieri asiatici le condizioni di lavoro rimangono precarie, come testimania un fotoreportage del National Geographic


L'International Maritime Organization e il governo del Bangladesh hanno siglato pochi giorni fa un accordo per migliorare gli standard di sicurezza nelle attività di riciclaggio delle navi. Un'iniziativa senz'altro meritoria, anche perché in materia c'è ancora molto da lavorare, come dimostrano le immagini pubblicate sul sito di National Geographic (e anche sul nostro sito) in cui si vedono, tra l'altro, alcuni bambini che sgobbano nei cantieri di Chittagong. Sono sporchi, esausti, avranno 10 o 11 anni al massimo nonostante il fatto che il lavoro pericoloso sia illegale in Bangladesh per i minori di 18 anni. Le foto mostrano anche operai che camminano a piedi nudi nella melma velenosa e senza dispositivi di protezione. Un approfondimento sul fenomeno sarà pubblicato nell'edizione di maggio di National Geographic Magazine, con interessanti (e preoccupanti) dati in merito alle sostanze tossiche scaricate ogni giorno in mare durante le fasi di demolizione. L'associazione NGO Shipbreaking Platform riferisce che almeno venti lavoratori sono morti nel 2013 durante le complesse operazioni di smantellamento. Ma il numero reale delle vittime è sicuramente più alto: molti incidenti, infatti, non vengono denunciati e non esiste alcuna documentazione ufficiale di ciò che accade nei cantieri. Negli ultimi anni inoltre migliaia di uomini sono rimasti feriti o avvelenati per l'esposizione a materiali tossici recuperati dagli scafi, come l'amianto. Tutto ciò accade mentre all'entrata degli stabilimenti campeggiano scritte tristemente beffarde, tipo: "Safety First".

Mar. Mo. 

Foto: © Mike Hettwer