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26 aprile 2024, Aggiornato alle 07,32
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Armatori

Grimaldi, "La mia Confitarma universale"

Intervista al presidente appena nominato. La crisi, Napoli, le critiche interne, la carenza di ufficiali e una compagnia armatoriale, la sua, che nei primi otto mesi dell'anno fa 200mila passeggeri in più


di Paolo Bosso (La Repubblica Napoli, mercoledì 16 ottobre)
 
Due nomine in due giorni per Confitarma. Quella di Emanuele Grimaldi presidente della Confederazione italiana degli armatori, e di Andrea Garolla alla guida del suo gruppo "Giovani". Entrambi napoletani.
Emanuele Grimaldi, è una Confitarma "partenopeizzata"?
«E' solo una coincidenza. Questa storia dei due campanili va assolutamente superata. E' una vecchia questione che alcuni rimandano a quando esisteva una Confitarma del Sud e del Nord, per fortuna ora è tutto superato. L'associazione conta un consiglio eterogeneo, riflettendo un'attività internazionale per definizione».
Un'attività che deve fare i conti con la crisi, che per il settore significa oversupply, eccesso di capacità di carico delle navi rispetto alla domanda. Le economie di scala fanno più male che bene in questo momento?
«Sarebbe come dare la colpa al progresso. Ai tempi della rivoluzione industriale si puntava il dito sull'invenzione del motore a scoppio. Il progresso crea ricchezza e aumenta la produttività, lo stesso discorso vale per la nave. Per esempio, la mia compagnia (Grimaldi Lines ndr) ha sempre puntato sulle economie di scala, e in un periodo di recessione nei primi otto mesi di quest'anno sono stati movimentati nel Mediterraneo 200mila passeggeri e 150mila auto in più rispetto all'anno scorso, una crescita pari al 30% in entrambi i settori».
Però le sue navi non partono da Napoli.
«Bisognava fare delle scelte anni fa e Napoli non si è fatta trovare pronta, non ha mostrato interesse per le nostre attività. Così abbiamo scelto Salerno, senza contare tutti gli altri porti d'Italia».
Quali sono le difficoltà nella nomina del presidente dell'Autorità portuale di Napoli, possibile che non c'è una via di mezzo tra un politico e un tecnico?
«Ci sono due scuole di pensiero. Una da importanza alla competenza specifica, l'altra alle capacità generali. La verità è che la nomina è una questione politica. Sulla scelta pesano le decisioni di Comune, Provincia e Camera di Commercio, ma l'ultima parola, assieme alla Regione, ce l'ha il ministero dei Trasporti. Ci sono grandissime aziende guidate da non esperti del settore, per cui è una falsa questione quella tra tecnico e politico. La soluzione è nel compromesso, che non so se sia necessariamente la scelta migliore».
 
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[Non vi basta? Ecco tutte le altre domande che gli abbiamo posto]
 
Come descrivereste Confitarma a chi non mastica di shipping?
«In inglese "armatore" è una parola più semplice da tradurre: shipowner, il proprietario di navi. In italiano questo concetto è più ampio perché "armatore" è quello che, secondo il codice della navigazione, "arma" la nave, non gli fa mancare niente, dalla merce all'equipaggio. In questo senso Confitarma è la confederazione di imprenditori che si occupano di armamento e di navi».  
Tradizionalmente, nell'associazione il presidente nominato tendeva a prendere le distanze dal predecessore. Cosa farà Emanuele Grimaldi?
«Sono stato quattro volte vicepresidente Confitarma, ho guidato l'associazione degli armatori europei che rappresenta il 40% della flotta mondiale. Non solo non prenderò le distanze, ma rivendico un ruolo passato che non mi permette mosse del genere. Sono orgoglioso della Confitarma degli ultimi vent'anni, con ottimi presidenti. Una struttura che ha lavorato benissimo».
Da dove nasce la strategia che ha permesso all'Italia, nel giro di quindici anni, di avere una delle flotte più giovani e moderne al mondo?
«E' un fenomeno che avviene fisiologicamente quando c'è crescita. Come per i paesi in via di sviluppo, che hanno una popolazione più giovane, così è anche per le navi. La flotta italiana in quindici anni si è raddoppiata, sono state acquistate navi nuove più efficienti delle precedenti, spesso pensate dagli stessi armatori con i loro ingegneri».
Le tre sfide del futuro per l'armamento sono i noli, il caro-bunker e le norme ambientali. E' d'accordo?
«Sì, e per poter vincere queste sfide la ricetta è una sola, quella che combina ricerca, sviluppo, formazione e internazionalizzazione. Sono finiti i tempi in cui si opera a livello nazionale. Dove Confitarma ha fatto grosse conquiste è stato proprio nell'internazionalizzazione, ed è quello che continueremo a fare. L'importante è far capire alle istituzioni che questo settore è importantissimo per l'economia. Si dice che la vocazione degli italiani è nel turismo e nella cultura, mai nella navigazione, un settore in cui vi lavorano decine di migliaia di persone».
C'è una carenza di ufficiali nel settore. Come si fa a convincere i giovani italiani ad imbarcarsi?
«La carenza è lì dove non è richiesta un'alta professionalità. E' come col fenomeno delle badanti, che da noi sono per lo più straniere perché è un mestiere che gli italiani non vogliono fare. Dove è richiesta una professionalità minima, e minimo salario, c'è il problema della mancanza di manodopera. Per gli italiani non esiste un''"aspirazione" da ufficiale, mentre per carriere di più alto profilo la "domanda" non manca».
A luglio Giuseppe Bottiglieri ha lasciato l'associazione perché "non si sente rappresentato". Spesso Confitarma è criticata per l'eccesso di cariche e tributi. Cosa risponde a queste critiche?
«Si è trattato di un malinteso tra la decisione "tecnica" di Bottiglieri e quella "politica" dell'ex presidente Paolo d'Amico. Se invertissimo i ruoli sarebbe successa la stessa cosa. Confitarma è molto più importante delle persone che la compongono. Ci possono essere divergenze di opinioni, ma poi vengono superate. L'importante è restare nell'associazione. Vincenzo Onorato, che lasciò tempo fa, è rientrato, ma mai ha smesso di partecipare all'attività dell'associazione».