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29 marzo 2024, Aggiornato alle 08,24
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Tirrenia e il leitmotiv di una gara infinita

Per la Compagnia Italiana di Navigazione l'entrata della Regione Sardegna nella flotta Saremar è "inaccettabile". Ma il ritiro dalla gara costerebbe caro alla Cin, tra penali e una fidejussione da 20 milioni di euro Paolo Bosso    


La vendita della flotta pubblica di Tirrenia sembra ormai essersi incantata. Negli ultimi due anni sono state lanciate due gare per la privatizzazione della compagnia. Una prima nel 2009 annullata ad agosto 2010, dopo che Mediterranea Holding aveva rifiutato la sottoscrizione del contratto, e una seconda lanciata quasi un anno fa e che, giunta nella sua fase finale, rischia di avere esiti molto simili. Anche per quest'ultima, infatti, il rischio è che vada tutto a monte dopo che l'unico concorrente rimasto in gara – la Cin – ha minacciato di ritirarsi dalla gara. Il leitmotiv non cambia: anche in questo secondo bando le condizioni sono inaccettabili. Se l'anno scorso Mediterranea rifiutò l'accordo poiché non poteva "farsi carico di perdite per ammontare non noto", firmando "prima degli accordi con le banche", quest'anno la causa del probabile annullamento ha un nome specifico: la Regione Sardegna. Secondo Vincenzo Onorato, socio insieme agli armatori Aponte e Grimaldi della Compagnia Italiana di Navigazione, la recente scelta dell'ente regionale sardo di entrare nella flotta Saremar con navi proprie, in aperta polemica con il fenomeno del caro-traghetti che sta attanagliando l'isola italiana, è «inaccettabile e per questo la privatizzazione della compagnia di Stato potrebbe non interessarci più». Così i due bandi fin'ora lanciati per la vendita di Tirrenia rischiano, seppur per motivi diversi, di avere gli stessi esiti e la storia della vendita dell'unica flotta pubblica sembra ripetersi all'infinito.
In queste ultime ore la Compagnia Italiana avrebbe formalizzato la sua proposta per non essere più vincolata all'offerta vincente che aveva presentato nei mesi scorsi: 380 milioni divisi tra contanti e pagamenti rateali. Una richiesta che non è così semplice. Dopo il via libera dato qualche giorno fa dal ministero dello Sviluppo Economico, un eventuale ritiro costringerebbe infatti la Compagnia a pagare una penale di circa 20 milioni di euro prevista dal bando. Ettore Morace, ad della Cin, avrebbe chiesto ufficialmente al commissario straordinario Tirrenia, Giancarlo D'Andrea, di uscire dalla gara senza pagare alcunché. «Se abbandonate – è stata la risposta – Fintecna (la finanziaria pubblica che controlla Tirrenia) incasserà la fidejussione da venti milioni presentata in garanzia». Di fronte al rischio della perdita di una cospicua somma di denaro, e della faccia, la Cin attraverso Onorato ha deciso di mettere la questione su questo piano: «O noi o la flotta sarda». Dal canto suo la regione Sardegna non sembra fin'ora disposta a tornare indietro. «Quando parla di Tirrenia, Onorato dice che sono a rischio 1500 buste paga. Ebbene, noi parliamo invece della Sardegna e replichiamo che è stato lui a mettere a rischio i nostri trentamila posti nel turismo» ha commentato l'assessore al Turismo della Sardegna Luigi Crisponi. Sul caro-traghetti, infatti, la Regione ha motivato la sua scelta "armatoriale" proprio sulla spinta di un eventuale cartello dei prezzi creato da Snav, Gnv, Forship e, appunto, Moby, su cui l'Antitrust sta attualmente verificando l'esistenza. 
Che vinca la Sardegna con l'abbandono della gara da parte di Cin, o che vinca quest'ultima in forza dell'addio della regione sarda dalla flotta Saremar, è certo che in tutti i casi l'esito della querelle non sarà una semplice vittoria.  
Paolo Bosso