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28 marzo 2024, Aggiornato alle 16,33
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Imeta, tra perplessità e concorrenza

La nuova associazione dei porti di transhipment italiani ha sollevato diverse questioni. Qual è il suo ruolo? Frammenterà la rappresentanza delle 25 Autorità portuali? Servirà ad arginare la forte concorrenza degli scali nordafricani?  Ultim'ora con Assoporti nessuna sovrapposizione


Contro tutto e tutti, i porti di transhipment italiani hanno deciso di far sentire la loro voce con la nascita di "Imeta", associazione che riunisce i tre scali di trasbordo della penisola: Gioia Tauro, Cagliari e Taranto. Un'alleanza che cercherà di combattere la crisi economica e le dure critiche piovute nei mesi scorsi dall'Europa e da Genova. «Sono in declino, e sicuramente il loro ruolo va ripensato» ha detto a gennaio Luis Valente de Oliveira, coordinatore europeo della Autostrade del Mare, riferendosi agli scali di trasbordo. Una posizione analoga a quella del presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Luigi Merlo, che in precedenza aveva parlato, questa volta riferendosi direttamente ai tre porti nostrani, di hub «senza futuro». Fatto sta che adesso questi hub hanno deciso di «parlare con una sola voce di fronte alle autorità e al governo» come ha sottolineato il commissario dell'Autorità di Taranto Salvatore Giuffrè.
Ma c'è chi dubita che la nascita di Imeta serva solamente a compattare i tre porti di fronte alle istituzioni. Come Assoporti che, in quanto interlocutore principale per le istituzioni in rappresentanza di tutte le 25 Authority italiane, vede frammentata in questo modo la propria funzione. «Certo - spiega il presidente Assoporti Francesco Nerli - se si tratta di un coordinamento tra porti, come Ligurian Ports oppure la Napa per l'Alto Adriatico, è un conto. Se però si tratta di qualcosa d'altro, la questione è diversa. Io non credo che l'obiettivo dell'Imeta sia quello di fungere da interlocutore istituzionale. Per loro credo sia più importante fare fronte comune con compagnie e terminalisti, che hanno interessi sia in Italia che nel Nord Africa, dove si stanno facendo strada i nuovi hub di transhipment che operano a condizioni molto più favorevoli rispetto ai nostri». Per questo Nerli consiglia un'associazione tra porti italiani e nordafricani a scopo esplicitamente commerciale: «Forse per Imeta – spiega - l'ideale sarebbe estendere la loro alleanza fino a questi porti, per evitare che carrier e terminalisti speculino sulla loro testa, spostando traffici e lavoro a loro piacimento». E' giusto che questi tipi di porti, in questo periodo così esposti alla crisi, prendano le loro contromisure ma il rischio di frammentare le rappresentanze c'è.
Come evidenzia il dossier Contship Italia del marzo 2007, il transhipment del Mediterraneo è destinato a crescere passando dai 16 milioni di teu a più di 30 nel 2015. Si tratta di un ottimo segnale ma anche di una difficoltà in più per i tre porti italiani. Dal Sud del Mediterraneo la concorrenza aumenta e non sarà facile da gestire con le poche risorse a disposizione e una politica locale ed europea poco interessata. Nei giorni scorsi l'Ap di Cagliari ha deciso di abbassare del 90% la tassa di ancoraggio. All'iniziativa faranno probabilmente seguito azioni analoghe a Gioia Tauro e Taranto. E questo è un buon segnale lanciato alla concorrenza.
«Il Mediterraneo è una comunità chiusa che deve proliferare grazie agli scambi – spiega il presidente dell'Ap di Cagliari Paolo Fadda – ma se ogni porto si muove secondo regole proprie c'è concorrenza insostenibile, più che sleale, come si sta confermando quella dei porti magrebini. I nostri sono porti di passaggio, un passaggio che incide sulle casse dell'armatore in termini di tasse di ancoraggio». Per esempio, come spiega Fadda, a Malta non si pagano con un notevole risparmio da parte dell'armatore.
Il programma Imeta prevede il contenimento degli oneri fiscali per il transhipment, la riduzione dei costi di feederaggio, una manutenzione programmatica e contemporanea dei tre terminal e, ovviamente, un miglioramento della rete logistica. «Il governo dovrà dirci se crede ancora nelle attività di transhipment – conclude Fadda – se è disposto a rilanciare questi hub, anche chiedendo aiuti alla Ue. Se la risposta è negativa, allora ci diano indicazioni precise per eventuali riconversioni del settore».
 
Paolo Bosso
 
Ultim'ora.
Durante la riunione del Consiglio Direttivo Assoporti del 12 aprile, i protagonisti dell'iniziativa "IMETA" hanno dichiarato che si tratta di un'associazione riservata ai soli tre porti fondatori (Cagliari, Gioia Tauro e Taranto), con la finalità di coordinarsi e rendersi sempre più competitivi nei confronti degli altri porti nel Mediterraneo. I tre presidenti hanno specificato che IMETA non ha alcuna intenzione di diventare interlocutore diretto delle istituzioni nazionali, ma che si riconosce pienamente all'interno della rappresentanza unitaria di Assoporti.
Nerli ha dichiarato la piena disponibilità di Assoporti a supportare le finalità di IMETA, una volta formalizzata la sua costituzione.

Nella foto il porto di Gioia Tauro