|
adsp napoli 1
19 maggio 2024, Aggiornato alle 21,16
forges1

Informazioni MarittimeInformazioni Marittime

forges4
Infrastrutture

Fincantieri sul mercato balla da sola/2

Oggi il gruppo debutta a Piazza Affari. Intervista a Fabrizio Vettosi, direttore della società di investimenti Venice Shipping and Logistics. «È questo il valore giusto per un'azienda pubblica»


di Paolo Bosso 
 
L'analisi di informazionimarittime.it sull'entrata in Borsa di Fincantieri prosegue con un secondo intervento. Nel primo abbiamo fatto parlare un esperto di economia aziendale, il professore Arturo Capasso, dell'Università del Sannio (Benevento). Ora è la volta di un esperto di economia finanziaria, Fabrizio Vettosi, direttore generale della società di investimenti e consulenza Venice Shipping and Logistics.
Vettosi taglia corto: su Fincantieri le aspettative non sono state deluse, anzi al contrario perfettamente aderenti alla realtà. La sopravvalutazione ci sarebbe stata se la collocazione in Piazza Affari (che avverrà domani) fosse stata fatta proprio rispettando le premesse iniziali, ovvero quei 700 milioni di incasso (ora 350) e una forchetta massima di un euro. «Il calo delle aspettative non mi sconvolge – chiarisce Vettosi – non lo ritengo un fallimento ma anzi dimostra che gli investitori si sono comportati razionalmente».

In che senso?
«Fincantieri è percepita dal mercato come entità pubblica con una forte componente di mercato "garantita" dallo Stato, quella militare. Poi c'è la forte concentrazione sulle crociere, con i primi dieci clienti che coprono oltre il 60% del fatturato. Tutto ciò non facilita l'approccio sereno degli investitori».

Non bastano le crociere?
«Il settore è cresciuto molto ma ora sta tirando il fiato. Fincantieri ha una produzione media di 33 navi l'anno, ben lontana dalla capacità produttiva dei costruttori orientali che stanno crescendo in settori specialistici ad ampio margine, come lng, lpg, chimichiere, offshore, perforazioni».

Quindi la diversificazione nell'offshore, avviata a dicembre 2012 con l'acquisizione dei cantieri norvegesi offshore Stx-Vard, è relativa?
«Fincantieri ha forse diversificato in ritardo. Anche se l'offshore, pur costituendo una parte minore del suo fatturato, ne rappresenta il 50% in termini di margine operativo lordo (Ebitda)».

Fincantieri è un'azienda ancora nazionale più che multinazionale.
«La sua sezione produttiva è fortemente focalizzata in Italia, con circa il 40% dei dipendenti e otto cantieri. Ciò non rappresenta un incentivo per gli investitori, piuttosto un rischio. Soprattutto intravedono una rigida esigenza di sistema tendente a preservare i livelli occupazionali, visto che Fincantieri è praticamente l'ultima industria pesante presente in Italia».

Insomma, nessuna delusione sull'entrata in Borsa di Fincantieri.
«Nessuna. Ci sono tanti casi di sopravvalutazione delle Initial Public Offering, ma in questo caso gli investitori si sono comportati razionalmente. Se si analizza il prospetto informativo, ci si rende conto che il range minino di prezzo offerto -0,78 euro per azione- corrisponde a una valutazione equivalente al patrimonio netto, con un moltiplicatore dell'utile netto pari a circa 17 volte e una redditività implicita del 6%, non dissimile dall'attuale redditività del capitale. In pratica gli investitori ritengono che Fincantieri non generi nel futuro una redditività superiore a quella attuale. Il rischio speculazione non viene certo da loro».

Quindi da chi?
«La risposta dovrebbero darcela alcuni imprenditori e armatori che non sempre hanno operato con la medesima razionalità, loro sì che hanno alimentato la speculazione irrazionale negli anni del boom».

Nell'economia marittima la finanza non fa la parte del diavolo?
«In questo settore spesso ad occuparsi di finanza marittima non sono gli esperti. C'è una notevole confusione sui ruoli e gli attori partecipanti al mercato finanziario. Private equity, hedge fund, equity capital market, tutti visti come soggetti irrazionali, stupidi, e questo nella migliore delle ipotesi. Sarebbero "squali speculatori", "locuste" pronte a divorare povere e indifese "vittime del mare". Di questo ne abbiamo parlato a lungo durante la Naples Shipping Week, con un panel specificamente organizzato. Ma, come al solito, ho visto giornalisti allontanarsi per andare a seguire la presentazione di un libro sulla storia della flotta Lauro, sicuramente opera meritoria e notevole -ne ho personalmente acquistato tre copie- ma forse frutto di nostalgia. Purtroppo la nuova realtà dello shipping non può vivere di ricordi, per quanto significativi, ma deve guardare avanti e dotarsi di un livello di cultura d'impresa e managerialità che ancora oggi mancano».