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28 marzo 2024, Aggiornato alle 09,52
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Eventi

Ecco Goliat, il pozzo più a Nord del mondo

A 400 metri sott'acqua, nel Mare di Barents, riserve per 174 milioni di barili che si esauriranno in una quindicina d'anni. Ci attraccano fino a tre petroliere insieme. Lo gestiranno Eni e la norvegese Statoil


Il pozzo più a Nord del mondo ha iniziato l'attività. Si chiama Goliat, si trova a 85 chilometri a Nord a largo di Hammerfest in Norvegia, nel Mare di Barents, ed è stato realizzato anche da ingegneri italiani. Domenica scorsa l'Eni - insieme a Statoil - ha avviato l'attività. Secondo le previsioni, le riserve contano 174 milioni di barili che si esauriranno nel giro di dieci/quindici anni.

Ventidue pozzi (al momento sono operativi 17), di cui dodici dediti all'estrazione del petrolio, sette iniettano acqua sotterranea e tre gas per facilitare la fuoriuscita degli idrocarburi. Il greggio viene immagazzinato in superficie in un serbatoio da un milione di barili dove le petroliere, fino a un massimo di tre, possono attraccare e rifornirsi. La piattaforma offshore è una delle più grandi mai realizzate: 65mila tonnellate, 115 metri di diametro e cento di altezza, costruita nei cantieri Hyundai in Corea del Sud e arrivata ad aprile dell'anno scorso dopo un viaggio di 65 giorni.

La caccia a questo pozzo è iniziata nel 1997, per essere scoperto nel 2000. Si trova a 400 metri di profondità, quasi 500 chilometri a nord del circolo polare artico, in una condizione estrema per pressione e temperatura. In superficie venti che possono arrivare a superare i cento chilometri orari. L'8 maggio del 2009 il governo norvegese ha approvato il progetto di costruzione. Dopo gli studi di preparazione e la costruzione, da domenica scorsa è operativo. Ha due giacimenti principali, Kobbe e Realgrunnen, e due minori, Snadd e Klappmyss. «La produzione è redditizia con un petrolio dai 50 dollari in su e garantirà 100mila barili al giorno per i prossimi anni» spiega a Repubblica l'amministratore delegato Eni Claudio Descalzi. Dei centomila barili giornalieri, la società italiana ne ha in quota 65mila, il resto è diviso con Statoil, l'azienda di Stato norvegese (fusasi nel 2007 con StatoilHydro, la principale compagnia offshore al mondo, sempre norvegese) con la quale ha realizzato il giacimento di estrazione. La quota è divisa tra Eni Norge (65%) e Statoil (35%) che hanno anche diviso i costi di realizzazione dell'impianto, pari a 5,6 miliardi di dollari, quasi un terzo in più di quanto previsto. 

A detta dei costruttori e del governo della Norvegia, Goliat non produrrà CO2 grazie all'energia elettrica fornita da terra, mentre acqua e gas necessari all'estrazione saranno reiniettati nel sottosuolo e recuperati nell'impiano di Melkoya (immagine in alto).