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29 marzo 2024, Aggiornato alle 14,44
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Eventi

Dublino, la città portuale che non ha bisogno di waterfront

Secolare porto d'Irlanda, ha un fronte mare che si snoda, senza soluzione di continuità, lungo tutto il fiume Liffey. Quest'anno ospita l'assemblea dell'Association internationale Villes and ports


dall'inviato Paolo Bosso 
 
Capitale e insieme città portuale, lo scalo di Dublino (Calafort Átha Cliath in gaelico) è il primo approdo d'Irlanda. Movimenta quasi la metà del traffico marittimo dello Stato e nei primi quattro mesi di quest'anno ha registrato la migliore performance degli ultimi anni, con otto milioni di tonnellate merci movimentate, pari ai livelli del 2007. La principale attività sono i rotabili, due terzi del tonnellaggio annuale. «Ma la particolarità di questo porto è il waterfront. Cosa rara, è in perfetta continuità con l'assetto urbano» spiega Christy Burke, sindaco della città, che ha scelto, a differenza dei predecessori, di non risiedere nel municipio, la Mansion House, ma di restare nella sua residenza privata, «per stare più vicino alla gente». L'affermazione di Burke secondo la quale il waterfront di Dublino è particolare non è una frase fatta, perché un waterfront a Dublino semplicemente non c'è: a differenza della maggior parte dei grandi scali del mondo, non può essere identificabile in un'area specifica ma è disseminato un po' ovunque, dalle banchine fin dentro la città, lungo il fiume Liffey. Un waterfront che non porta firme di architetti da urlo ma la continuità di una storia che risale al XIV secolo, quando è stata posata la prima pietra delle banchine fluviali di Wood e Merchant, a qualche chilometro dal mare, sede dei primi uffici dedicati allo shipping.

L'ineffabilità del port center
Non è un caso allora se la città è stata scelta dall'Association internationale villes & ports (Aivp) per la sua assemblea generale che tiene ogni due anni. L'associazione è un punto di riferimento soprattutto per urbanisti, architetti e ingegneri. Promuove ogni anno, alternando un'assemblea generale e un congresso mondiale itineranti, una conferenza internazionale nella quale operatori e progettisti portuali possono presentare il proprio porto e le idee per migliorarlo. Il simbolo e cavallo di battaglia dell'Aivp è il port center, un polo (in genere un palazzo) dove turisti e cittadini possono conoscere le attività dello scalo, dalle attività container ai festival del mare. «Il port-center è un'esperienza pedagogica, ludica» spiega Bruno Delsalle, deputy director strategic advisor dell'Aivp. «Permette di far comprendere ai cittadini la complessità di un porto - continua - la sua diversità, la sua organizzazione». Un port center può ospitare un museo, un polo didattico o più semplicemente uno spazio pubblico. «Cerchiamo di dare alle persone che non lavorano al porto, ma forse anche a loro, la chiave per capire cosa fa il porto della città in cui vivono». I membri Aivp, nella maggior parte dei casi autorità portuali, sono oltre 200. Difficile invece è quantificare il numero di port center. « È complicato conteggiarli – spiega Greta Marini, project manager Aivp – perché non tutti si chiamano port center e non tutti hanno uno spazio unico dedicato». «I port center ufficiali Aivp sono nove – spiega Corinne Monnet, promoter Aivp – ma quasi ogni nostro membro ha un polo culturale e pedagogico dedicato alla cittadinanza, per cui i port center, ufficiali e non ufficiali, sono in realtà centinaia».

Il Ballast Office
L'antesignano del port center di Dublino è il Ballast Office. Realizzato nel 1870, insieme allo storico Trinity College e al palazzo del Parlamento, formava un triangolo dove la gente del posto si dava appuntamento. "Ci vediamo sotto l'orologio di Ballast" si diceva allora, un grande orologio molto preciso per l'epoca, connesso via telegrafo al Dunsink Observatory.

Il port center di Dublino
Il port center vero e proprio, ovvero con una concezione moderna degli spazi e delle attività, è stato particolarmente precoce rispetto ad altri port center sparsi nel mondo. È nato il primo settembre del 1981, con i primi progetti che risalgono al 1954. Cinque piani a poca distanza dal mare dove lavorano circa 120 persone. A differenza del Ballast Office, gli spazi degli uffici sono aperti, con finestre incassate per un metro e mezzo, cosa che permette agli interni di essere luminosi e nello stesso tempo al riparo dalla luce diretta.  

"Oh, dimmi tutto ciò che sai su Anna Livia! Voglio sapere tutto. La conosci? Certo che la conosci. Allora dimmi tutto quello che sai" scriveva James Joyce in Finnegans Wake. Anna Livia è la personificazione del fiume di Dublino, il Liffey. La città portuale di Dublino è anche città fluviale, ed è questa la chiave per comprendere il fatto che il porto non ha un solo waterfront ma un fronte mare che si snoda fin quasi alle Wicklow Mountains. A Dublino il porto non si ferma alle banchine, né al port center, né alle banchine Wood. Permea tutta la città, fra un pub e l'altro.

Immagine in alto. Westmoreland street e D'Olier street, Dublino, Samuel Frederich Brocas e Engraver Henry Brocas. 1800 circa. Il palazzo a destra diventerà il Ballast Office.