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24 aprile 2024, Aggiornato alle 19,49
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Politiche marittime

Demolizioni, dall'Italia 7 navi spiaggiate

L'anno scorso sette armatori le hanno mandate indirettamente in India, Pakistan e Bangladesh, tramite un sistema di cash buyer che cambia bandiera e rivende l'acciaio al miglior offerente


di Paolo Bosso 

È sempre alto il numero globale delle navi mercantili demolite in modo "brutale", arenandole nelle zone intertidali delle coste (soggette ad ampie escursioni di marea) per essere smantellate pezzo pezzo in condizioni di lavoro disumane. L'anno scorso, rende noto l'ong di Bruxelles Shipbreaking Platform (SP), in tutto il mondo sono state 668 unità, l'87 per cento della stazza lorda mondiale demolita. Sono finite tutte in tre paesi, Pakistan, Bangladesh e India, con un bollettino medico annuale che somiglia a un giorno di guerra: nei primi due paesi un totale di 50 morti e un'ottantina di feriti, mentre «il numero di incidenti accaduti nei cantieri indiani è difficile da scoprire, ma abbiamo ricevuto informazioni di almeno due decessi ad Alang», spiega il direttore esecutivo di SP Patrizia Heidegger.
È record il numero di navi di proprietà europea spiaggiate in Asia medionale: l'84 per cento di quelle demolite sono finite sulle coste dei tre paesi asiatici. «Nel 2017 l'Ue pubblicherà un elenco di cantieri in tutto il mondo dotati di attrezzature per il riciclaggio che seguono standard elevati, una novità assoluta e un punto di riferimento per il riciclaggio sostenibile delle imbarcazioni», commenta Heidegger.

Dall'Italia 7 navi spiaggiate
Trattandosi di una pratica storica, strutturata, l'Italia, grosso armatore mondiale, non è da meno. In violazione del regolamento Ue sulle demolizioni, sette compagnie hanno smantellato 11 navi, di cui 7 nelle spiagge dell'Asia meridionale. Una nave ciascuno per Finaval di Navigazione, Novamar Limited e Siremar, smantellate nelle strutture di riciclaggio di Aliaga, in Turchia. 5 unità tra Vittorio Bogazzi, Saipem e Cafiero Mattioli. 3 da parte di Grimaldi group, due in India e una in Turchia, la Sorrento che ad aprile 2015, sotto la gestione di Acciona Transmediterranea, ha subìto un incendio a bordo.

Germania e Grecia
La Germania è il primo paese al mondo a spedire le navi da demolire sulle spiagge asiatiche se si guarda al rapporto tonnellaggio-navi demolite. L'anno scorso, su cento navi demolite, 98 sono finite sulle coste di India, Pakistan e Bangladesh. Gli armatori che hanno demolito più navi sono Hansa Mare (12 navi), Alpha Ship, F. Laeisz e Peter Doehle (7), Dr Peters, Koning & Cie, Norddeutsche Vermoge e Rickmers (6). Segue la Grecia con il maggior numero di navi vendute in Asia meridionale, 104.

Il sistema dei cash buyer
In verità gli armatori non sono i diretti "mittenti" delle loro navi mandate al macero sulle spiagge asiatiche. Quando interpellati in genere deresponsabilizzano o minimizzano le loro colpe. Il ciclo di fine vita di un mercantile si basa infatti sui "trafficanti di rottami", cash buyer che procurano alle navi da rottamare una nuova bandiera di comodo, per esempio Palau (Filippine), Comore (Africa), Tuvalu (Australia), rivendendola a chi offre il prezzo migliore per l'acciaio. «È chiaro che l'attuale legislazione basata sulla giurisdizione di bandiera non può apportare modifiche sostanziali alle pratiche correnti: chi può credere che una bandiera di comodo o un cash buyer vorrebbero apportare miglioramenti nei cantieri di demolizione?», commenta Heidegger, riferendosi implicitamente alle recente promozione da parte degli armatori europei al cantiere borderline di Alang.