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Costa Concordia, un'operazione ciclopica

Via al piano di recupero del relitto. Verrà imbrigliata e messa a galleggiare senza tappare la falla. Un'operazione che, con queste proporzioni, non ha precedenti. Tempi incerti, costi superiori ai 300 milioni di dollari | video | fotogallery di Paolo Bosso  


a cura di Paolo Bosso
 
 
Roma - Un'operazione ciclopica, senza precedenti quella del recupero del relitto del Costa Concordia, la nave da crociera naufragata la sera del 13 gennaio a pochi metri dal tesoro ambientale dell'Isola del Giglio. Oggi, nel corso di una conferenza stampa, il direttore generale di Costa Crociere, Gianni Onorato, il consorzio che si occuperà della messa in galleggiamento della nave e il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi hanno presentato nel dettaglio le operazioni che in non meno di un anno faranno sparire il gigante da 114mila tonnellate dall'arcipelago toscano. Non verrà smantellata né trascinata, bensì riportata più semplicemente a galla, ma l'operazione tanto semplice non è.
I costi sono difficili da quantificare visto che si tratta di un lavoro mai realizzato prima, «ma non saranno inferiori ai 300 milioni di dollari» precisa Beniamino Maltese, direttore finanziario Costa Crociere che insieme a Titan Salvage costituisce il consorzio italoamericano che il 15 maggio è stato autorizzato dalla Conferenza dei Servizi presieduta dal prefetto Franco Gabrielli a occuparsi delle operazioni di messa in sicurezza e galleggiamento del relitto. Stesso discorso sui tempi. «Gli esperti hanno fatto previsioni che vanno da un anno a un anno e mezzo, ma noi ci impegneremo a concludere il tutto entro febbraio 2013» garantisce Silvio Bartolotti, general manager Micoperi. Terminata l'operazione di recupero, la nave sarà trainata in un porto italiano ancora da stabilire, dopodiché verrà portata in un cantiere per essere demolita, ma entrambe le fasi non saranno più di responsabilità di Titan e Micoperi. Tutte le spese saranno a carico di Costa Crociere, «senza alcun contributo pubblico» ci tiene a precisare il commissario delegato per l'emergenza Gabrielli. La compagnia di Genova godrà dell'appoggio tecnico di Carnival Corporation &plc, London Offshore Consultans e Standard P&l Club, con la collaborazione delle italiane Rina e Fincantieri. 
«La squadra che si occuperà del recupero è formata da due società molto diverse tra loro» afferma Bartolotti. La statunitense Titan Salvage, fondata nel 1982, è una delle massime esperte mondiali nella rimozione dei relitti semisommersi. Micoperi, italiana, nata nel 1946, è invece un'azienda storica che ha iniziato le sue attività sgomberando le rotte navali dai relitti della seconda guerra mondiale. Poi verso la fine degli anni '50 si è specializzata nella costruzione di piattaforme petrolifere, vantando nel suo portfolio la realizzazione della prima struttura di questo tipo nel canale di Suez. 
Titan e Micoperi rappresentano le tre fasi di questo complesso lavoro di recupero: nella prima ci si occuperà della messa in sicurezza della nave con l'ancoraggio a terra dell'unità attraverso pali di ritenuta; la seconda prevede l'installazione di una piastra di rinforzo sotto la chiglia e la saldatura di zavorre di sabbia e cemento sul fianco sommerso; l'ultima è la più delicata: il galleggiamento. Entrambe le società faranno della propria esperienza un know how comune, il tutto senza riparare la falla da 50 metri che ha provocato il naufragio. 
La messa in sicurezza è sostanzialmente un'operazione di imbrigliatura. Già da domani Micoperi inizierà a fissare 60 "micro pali" di ritenuta da 10/15 centimetri di diametro realizzati con la tecnica della perforazione a circuito chiuso che permette di non disperdere i sedimenti in mare. Questi, insieme ad altri pali più grossi che verranno messi in seguito, si ancoreranno alla piastra di rinforzo sotto la chiglia. Il galleggiamento infine consiste nel far rollare la nave giocando da un lato sui cassoni di sabbia e cemento che faranno da contrappeso, dall'altro sui galleggianti pieni d'acqua, poi successivamente svuotati, fissati su entrambi i lati della nave. Un quadrato di quaranta metri per lato costituirà la piattaforma subacquea su cui poggerà la nave una volta che passerà da un'inclinazione di quasi 90 gradi a zero. «Questo costituirà il momento più delicato di tutto il lavoro» spiega Richard Habib, presidente di Titan. «Verranno saldati sul fianco sommerso della nave delle zavorre di cemento che serviranno a controbilanciare l'enorme spinta da decine di tonnellate che la nave subirà da parte delle gru». Una volta che sarà stabilmente a galla il gioco è fatto, Costa Concordia sarà pronta per essere trainata. «Ci siamo resi conto – spiega Bertolotti – che la nave non poteva essere tirata fuori con mezzi meccanici. Abbiamo così pensato alla tecnica di galleggiamento che è un po' come avvolgere il nastro di un film». 
Operazioni simili sono già state fatte, Titan su questo è uno specialista, ma mai di queste proporzioni e in un territorio così delicato. «Siamo tutto sommato una piccola società di sessanta dipendenti – afferma Habib – e l'operazione che più si avvicina a questa che stiamo per realizzare è stata fatta in Messico, su una portacontainer spiaggiata, e ci abbiamo messo sei mesi». Il problema più grosso è il piccolo abisso da 50 metri poco distante. La nave poggia malamente su due grossi spuntoni di roccia, il rischio che possa inabissarsi è serio. Il comitato tecnico presieduto da Gabrielli ha stimato in circa un mese e mezzo i tempi di messa in sicurezza della nave, tempi che non includono quelli di imbrigliamento e ancoraggio, che sono più lunghi. Se entro il 31 agosto la nave non sarà messa in sicurezza, ammonisce il comitato tecnico, sarà quasi impossibile tirarla fuori di lì, vuoi per il rischio di inabissamento, vuoi per le condizioni del tempo.
L'università La Sapienza di Roma, che fa parte del comitato scientifico che monitorerà questa operazione ad alto rischio ambientale, ritiene che, se tutto andrà come previsto e la nave verrà tirata fuori dall'arcipelago del Giglio, bisognerà aspettare fino al 2018 per essere certi che non ci sia stato alcun serio danno all'ecosistema. 
 
La fotogallery con tutte le fasi di recupero tappa per tappa