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23 aprile 2024, Aggiornato alle 08,57
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Logistica

Container, tra sfida digitale e tracciamento

Da due anni è iniziato un processo di archiviazione di tutti i container del mondo, ma il box non ha ancora un gps. Intervista al presidente del BIC, Giordano Guerrini


di Paolo Bosso

Sembra strano ma i container non sono ancora geolocalizzabili. Si seguono le navi, le merci; sotto totale controllo è la 'filiera del freddo', il trasporto dei prodotti deperibili; si sperimentano le navi autonome, ma il box di metallo che a bordo delle navi mercantili trasporta i prodotti di consumo di tutto il mondo non ha ancora un gps. «Il problema è la standardizzazione del dispositivo e il sistema di tracciamento comune. Inoltre, trattandosi di un oggetto che passa in tutte le dogane del mondo, occorrerebbe un passaporto, una certificazione internazionale», spiega Giordano Bruno Guerrini, presidente del Bureau International des Containers (BIC), organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1933, riconosciuta dall'International Maritime Organization (IMO) e dal World Custom Organization (WCO) e che conta 2,100 membri in 120 paesi. «Sarebbe – continua - una questione ad appannaggio dell'IMO solo se riguardasse la sicurezza, ma qui si tratta di commercio. Potrebbe essere un affare del WCO, ma così posta otterremmo una generica raccomandazione all'uso di più tecnologie. Potrebbe occuparsene l'International Organization for Standardization (ISO), la quale già prevede la possibilità di standardizzare il tracciamento, ma a quel punto diventerebbe una negoziazione tra le nazioni membre di ISO». 

Non se ne esce.
«Nel mondo del commercio basato sul container tutti gli standard accettati universalmente sono nati dal basso, non c'è mai stata un'authority superiore se non per motivi di sicurezza. Una delle più note società di geolocalizzazione, Traxens, nasce come società privata e oggi è partecipata da Msc e Cma Cgm. È il traffico mercantile a mettere d'accordo gli operatori fra loro, non sono gli istituti sovranazionali a mettere d'accordo gli imprenditori. Per esempio, il codice univoco dei container (il BIC code, nato nel 1969,) non è stato imposto dall'alto ma nasce nel BIC per superare il problema della registrazione nazionale dei contenitori, successivamente viene recepito come standard ISO 6346 e inserito nelle convenzioni internazionali».

Nel frattempo che la geolocalizzazione venga standardizzata, BIC ha creato un enorme database dei container che contiene tante informazioni tecniche, tra cui il peso.
«Si chiama BoxTech, è partito giusto due anni fa e ad oggi conta 5 grandi armatori oltre il milione di teu di capacità, più una sessantina di altri operatori, per un totale di oltre 10 milioni di container: considerando una stima complessiva di circa 25 milioni, equivale a quasi la metà della flotta mondiale. È un archivio fondamentale nei casi in cui il container viene radiato dal sistema di trasporto dopo una demolizione, rifusione, scrap o trasformazione in capanno degli attrezzi».

Ne è passato di tempo dalle sperimentazioni di Malcolm McLean.
«Posso fare una piccola digressione storica?»

Certo.
«Il BIC nasce nel 1933, fondato dal senatore del Regno d'Italia Silvio Crespi, presidente dell'Automobile Club di Italia. Pochi lo sanno ma la vita del container è legata all'automobile. Il container nasce  dopo il primo conflitto mondiale, in Europa, in un momento di pace in cui gli europei pensavano a come sviluppare il trasporto intermodale, molto prima dell'intuizione di McLean».

Allora qual è la rivoluzione di McLean, la chiave che ha permesso di 'mondializzare' il container?
«È stata quando ha incaricato un ingegnere, Keith Tantlinger, di realizzare una soluzione standard per poterlo caricare e scaricare velocemente. L'invenzione si chiama twistlock. Nel Genoa Port Center c'è un angolo dedicato a questo sistema di bloccaggio meccanico universale. Senza il twistlock il container è solo un pesante cassone di metallo. Un secondo elemento rivoluzionario è il materiale: un container non può essere di comune acciaio, la ruggine lo disintegrerebbe velocemente. Dopo avere sperimentato il legno e l'alluminio, si è arrivati all'acciaio corten».

È un oggetto affascinante: anonimo, standard, contiene l'"enorme raccolta di merci" dell'economia-mondo.
«Doganalmente parlando, non esiste, e non potrebbe essere altrimenti. Si tratta di una natura giuridica prescritta nel Customs Convention on Containers del 1975, che stabilisce che il contenitore con una sigla BIC ha un lasciapassare integrato al telaio. Al CCC segue la Convenzione di Istanbul del 1990. Questi trattati sono la base del commercio mondiale, la base giuridica che permette a un oggetto di 5 tonnellate di circolare ovunque senza dichiararsi. È qui che risiede l'incertezza sulla tracciabilità: come seguire un container che doganalmente non esiste?, o, all'inverso, come far accettare dalla dogana un contenitore con gps che non deve essere dichiarato? Da un punto di vista esclusivamente doganale, è molto più facile tracciare la merce».

Con BoxTech puoi richiamare qualunque container, o quasi, nel tempo di una digitazione sulla tastiera.
«Un database del genere ha successo quando c'è un'interrogazione positiva: trovare il container che si cerca. Non è così scontato. Raggiungere più del 40 per cento della flotta, grazie all'iniezione delle flotte MaerskMsc e Cma Cgm, significa aver raggiunto una grossa fetta dei contenitori che viaggiano nel nostro emisfero. Se è vero che i porti italiani per l'80 per cento della loro capacità utilizzano i contenitori dei big three, allora la percentuale di feed positivi del database, almeno in Italia, è intorno all'80 per cento».

Quali caratteristiche deve avere un archivio digitale del genere?
«In primo luogo l'assenza di errori di trascrizione. La codificazione deve essere univoca, essenziale per eliminare gli errori di trasmissione delle informazioni. Si prenda il caso di un numero di container trasmesso telefonicamente leggendo un'immagine poco definita. L'operatore inserisce il codice storpiato e il sistema lo rifiuta. La possibilità offerta di accedere al sistema con un interfaccia automatizzata API abbatte l'errore di trascrizione».

E quando il container è perso?
«Si può inviare una richiesta di aiuto. Ai tempi del fallimento di Hanjin Shipping, quando la flotta si è sparpagliata, i proprietari del container, che non erano la compagnia di navigazione ma banche e singoli soggetti, hanno avuto una grossa mano dal database».

Un archivio di oggetti da ritrovare.
«E di app da sviluppare. BoxTech è gratuito, essendo stato creato da una no profit. Ci è stato chiesto, per esempio, di sviluppare un'app per ricavare il VGM (verified gross mass, la pesatura certificata obbligatoria da luglio 2016 per ridurre gli incidenti, un business da 4 miliardi di dollari, ndr). Poiché il registro contempla la tara del container, e IMO obbliga a fornire il peso del container, un industriale come Pirelli o Michelin, che conosce perfettamente il peso della sua merce, semplicemente aggiungendo la tara ricavabile dal BoxTech potrebbe ottenere il peso certificato. Il VGM, contrariamente a quanto raccontato finora, è invece una norma imposta dall'alto. Mettendo insieme alto e basso, autorità e imprenditori, il lavoro diventa più facile».