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Armatori

Confitarma, Mattioli: "Siamo aperti a tutti"

Intervista al neo presidente. Formazione, ambiente, Registro internazionale e rientro dei fuoriusciti: l'agenda dei prossimi quattro anni


di Paolo Bosso (Corriere del Mezzogiorno del 12 ottobre 2017)

Dopo Emanuele Grimaldi, il secondo presidente napoletano di fila di Confitarma è Mario Mattioli. Mercoledì a Roma, nel corso dell'assemblea dell'associazione degli armatori italiani, è stato nominato con unanimità di consensi. Amministratore delegato di Augusta, società di servizi di rimorchio e offshore, guiderà un'associazione che rappresenta un comparto industriale importante, incluso nel più ampio mondo dello shipping che contribuisce al Pil per il 2 per cento e occupa mezzo milione di persone tra diretti e indotto (Censis 2015). Formazione, assistenza sociale per i marittimi, difesa del Registro internazionale, ambiente e rientro dei fuorisciti dall'associazione. L'agenda quadriennale di Mattioli - che tra l'altro sta partecipando, a Palazzo Reale insieme al cluster marittimo internazionale, alla due giorni di Shipping and Law - è bella ricca.

Lei già lavora in Confitarma, si è occupato di formazione e di assistenza sociale attraverso la gestione del Fondo nazionale marittimi. Come pensa di portare avanti questi due temi?
«Rappresentano il capitale umano. Il Fondo ha permesso investimenti negli istituti tecnici superiori. Stiamo lavorando per iniziative analoghe a Trieste, Catania e Napoli. Entro metà novembre la nuova squadra sarà formalizzata e spero che il Consiglio voti favorevolmente quella che presenterò. Si tratta di gestire leve importanti tanto quanto lo sono, per esempio, le relazioni industriali e il fisco». 

A giugno 2018 entrerà in vigore l'«l'emendamento Cociancich», che modifica il Registro internazionale permettendo sgravi ai soli traghetti che imbarcano marittimi comunitari. Nel frattempo si attende il responso di legittimità dell'Europa sull'emendamento. Qual è lo «stato di salute» del Registro internazionale?
«È in ottima salute. Tutti i registri internazionali nel mondo hanno consentito la crescita del numero di navi e degli occupati. L'Ue, con la Legge Europea 2017, vuole mantenere questo strumento per ridurre il gap competitivo verso gli armatori non comunitari. Tutto ciò è parte del mio programma. In linea di principio: meno si tocca il Registro, meglio è. Con esso siamo competitivi e metterlo in discussione significa mettere fuori gioco molte aziende». 

Negli ultimi anni si sono inasprite le regole ambientali internazionali. Dal 2020 nel mondo il tenore di zolfo nei combustibili navali dovrà essere almeno sette volte inferiore quello attuale, con un costo per gli armatori fino a 60 miliardi di dollari l'anno (Wood Mackenzie). Gli armatori italiani sono pronti a questi grossi cambiamenti?
«La nostra è un'attività internazionale, siamo pronti tanto quanto gli altri. Noi armatori rischiamo di non poter utilizzare  tecnologie su cui abbiamo investito tanto. Il problema è che la legislazione va più veloce delle innovazioni tecnologiche. È sexy parlare di ambiente ma deve essere anche praticabile. I legislatori sono visionari, e questo è buono, ma c'è un problema di fondo: manca l'approvvigionamento di questo tipo di combustibile, così come del gas naturale liquefatto. Per l'Italia c'è un progetto di approvvigionamento dalla Spagna di questo tipo di carburante. Le compagnie crocieristiche costruiscono navi a gas ma bisogna creare una rete di infrastrutture altrimenti si rischia di imporre l'uso di veicoli che non possono circolare».

All'inizio di quest'estate quattro armatori hanno lasciato Confitarma: Ignazio Messina, d'Amico, Italia Marittima e Gnv. Proverà a farli ritornare?
«Auspico il ritorno di d'Amico, per il ruolo che Paolo ha ricoperto tra presidenza e creazione del Gruppo Giovani. Sia chiaro però che Confitarma è una casa aperta a tutti e funziona solo se tutela le aziende tout-court. Significa che non è arbitro di una competizione tra due linee marittime, tra due associati. Deve però poter accogliere due concorrenti, perché la sua missione è stemperare i problemi commerciali. Se andiamo verso un rafforzamento politico dello shipping dobbiamo necessariamente lavorare per il sistema Italia, alla sua piattaforma logistica, sfruttando i grossi investimenti cinesi della Nuova via della seta».