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29 marzo 2024, Aggiornato alle 14,44
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Cina, un terzo dei cantieri rischia il fallimento

Sarebbero almeno 500 - secondo il numero uno di Rina, Ugo Salerno - quelli che chiuderanno nel giro di un anno. Molti altri si trasformeranno da costruttori a demolitori


Almeno un terzo dei cantieri navali cinesi, circa cinquecento, è destinato a fallire nel giro di quest'anno. Ad affermarlo ieri nel corso del Mare Forum di Sorrento, è stato Ugo Salerno, leader di Rina. Nel Paese dei grandi numeri, anche la crisi dello Shipping si manifesta con conseguenze epocali. E in questo caso il motivo è semplice, rincara Salerno: "Gli ordini, dopo il boom degli anni scorsi, sono precipitati ai livelli minimi. Oggi la sovracapacità produttiva mondiale, asiatica soprattutto, è un problema enorme. E non parliamo di un fenomeno passeggero: le previsioni del Bimco indicano con chiarezza che dal tunnel dell'overcapacity non si uscirà prima del 2020". Emerge poi un altro dato significativo: tra i cantieri del Sol Levante che riusciranno a superare il periodo negativo, molti dovranno riconvertire la propria attività, passando da costruttori a demolitori. "Prima della crisi – racconta l'armatore Giuseppe Bottiglieri – ci si pensava due volte prima di mandare una nave a demolizione. Al limite si provava a ripararla, magari dopo averla tenuta in disarmo per qualche periodo. Oggi, a conti fatti, conviene scegliere lo smantellamento". E che il ricorso alle demolizioni non sia una tendenza soltanto cinese, riferisce il Secolo XIX, lo conferma l'armatore napoletano Giuseppe D'Amato, secondo il quale le istituzioni mondiali dovrebbero imporre lo smantellamento del naviglio più vecchio. "Che cosa ci stanno a fare – si chiede – navi di più di trent'anni in navigazione? Chi garantisce sulla loro sicurezza? Se vogliamo salvare l'armamento, dobbiamo iniziare da lì".