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23 aprile 2024, Aggiornato alle 16,31
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Censis, armamento vitale. Porti arretrati

Il V rapporto dell'economia del mare fotografa un comparto con un impatto in alcuni casi superiore al terziario. Ma il paese perde competitività in Europa. d'Amico: "Alla politica chiediamo una catena di comando funzionante"


Il cluster marittimo italiano si conferma vitale, in crescita, ammodernato, ma deve fare i conti con un sistema portuale nazionale sempre più arretrato, in difficoltà sul fronte infrastrutturale e amministrativo. È la fotografia del V rapporto dell'Economia del Mare, realizzato dalla Federazione del Mare insieme al Censis - con la partecipazione per la prima volta anche della direzione per la vigilanza sui porti del ministero dei Trasporti - e presentato a Milano.

Pil e occupazione
Il comparto marittimo italiano contribuisce al 2 per cento del Pil, pari a 32,6 miliardi di euro. 2 per cento è anche la forza lavoro, pari a 471mila, incluso l'indotto. Il valore di produzione è al primo posto tra le attività industriali: 11,8 miliardi. Seguono le attività di logistica portuale (5,4 miliardi), la navalmeccanica (5,1), nautica e pesca (2,8 e 1,9 miliardi). Infine, le attività istituzionali (Marina, Capitanerie, Autorità portuali, Inail) pesano per 4,6 miliardi.

Flotta
La flotta di bandiera si conferma tra le prime al mondo (terza tra i G20), superando i 17 milioni di tonnellate di stazza, con un'età media inferiore ai dieci anni. La regione col più alto tasso di armatori è sempre la Campania, dove vi si collocano i più importanti, che controllano quote rilevanti della flotta impiegata sia nelle merci che nei passeggeri.

Il sistema portuale arretra
Il rapporto Censis-Federazione del Mare evidenzia l'arretramento del sistema portuale italiano, che scende dal primo al quarto posto in Europa per importazioni ed esportazioni merci via mare, pari a 194 milioni di tonnellate, in buona parte imputabile, secondo lo studio, al calo degli approvvigionamenti. Secondo il presidente della Federazione del Mare, Paolo d'Amico, lo studio «deve richiamare ad un efficace coordinamento amministrativo in materia marittima. L'auspicio è per un'adeguata attenzione politica al settore, a una catena di comando ben funzionante che si faccia carico dei problemi e porti la soluzione in rempi ristretti, conformi agli standard internazionali caratteristici del mondo marittimo».

Vent'anni di crescita
Il rapporto compie quast'anno vent'anni (è il quinto, ma si rifà ad un lavoro statistico e di archivio iniziato prima). Andando ai primi dati, balza agli occhi l'estensione che ha assunto l'industria marittima in Italia. Da 21 miliardi di produzione di vent'anni fa si è passati a oltre 32. L'occupazione è passata da 310 addetti diretti e indiretti a oltre 470mila: una crescita del 55 per cento.
 
Yacht e crociere
L'Italia del mare è leader nella costruzione di yacht di lusso e in Europa è tra le prime nel traffico crocieristico, con 6,2 milioni di passeggeri movimentati e 4,600 scali effettuati l'anno scorso.

Quanto spende il cluster
L'impatto delle attività marittime supera i tradizionali settori produttivi del manifatturiero e terziario. Il cluster marittimo industriale spende annualmente 20 miliardi di euro, di cui 3,6 in raffinati; 1,87 miliardi in noleggio, leasing e attività assicurative; 1,78 miliardi in servizi logistici; 1,52 miliardi in prodotti metallurgici; un miliardo in servizi di distribuzione commerciale all'ingrosso.

Le regioni
Le prime quattro regioni italiane a più alto traffico e attività marittima - stabilito nel rapporto attraverso un indice sintetico – sono Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Veneto e Sicilia. 
 
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