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28 marzo 2024, Aggiornato alle 16,33
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Bacini, indagine Ue sul porto di Napoli

La Commissione europea indaga per aiuti di Stato: 44 milioni di euro finanziati tra il 2001 e il 2014 per rinnovare tre bacini di carenaggio. L'Autorità portuale: "Lavori di nostra competenza che non avvantaggiano nessuno"


di Paolo Bosso 
 
La Commissione Ue ha aperto un'indagine per verificare se i finanziamenti diretti di 44 milioni di euro all'Autorità portuale di Napoli sono in linea con le regole sugli aiuti di Stato. I fondi sono stati usati per rinnovare i bacini di carenaggio dati in gestione dall'authority a Cantieri del Mediterraneo, una società di costruzione e riparazione navale, sulla base di una concessione trentennale. La Commissione ritiene che oltre all'Autorità portuale, anche il cantiere può aver beneficiato di tali fondi attraverso l'accordo di concessione. In assenza di un appalto per i bacini, Cantieri del Mediterraneo può usare le strutture rinnovate per fornire servizi ad un prezzo potenzialmente sotto mercato, con un vantaggio economico sui concorrenti. L'indagine dà modo agli interessati di rispondere ai rilievi di Bruxelles.
 
Le risorse sono state ottenute dall'ente pubblico-economico tra il 2001 e il 2014 per rinnovare i bacini di carenaggio in concessione a Cantieri del Mediterraneo: 12,8 milioni nel 2001 e 2002 per l'ammodernamento del bacino numero 3; 20,4 milioni (di cui 5,4 milioni non ancora concessi) tra il 2001 e il 2004 per il risanamento del bacino 2, più un adeguamento per il bacino 1; infine 10,8 milioni nel 2014 per il consolidamento dell'ormeggio Cesario Console (33/b), per un totale di poco più di 44 milioni, a cui si aggiungono 7,7 milioni di contributi da parte dell'Autorità portuale campana. Di questi interventi sono stati spesi per intero quelli per il bacino 3, al 40 per cento per il bacino 1 e 2 e zero per il Cesario Console.
 
Finanziamenti su cui l'Europa chiedeva precisazioni già ad ottobre dell'anno scorso, a cui l'Autorità portuale ha risposto a dicembre chiarendo che si tratta di interventi per opere «di straordinaria manutenzione dovute a fatiscenza e vetustà e non all'usura per utilizzo», quindi «di competenza dello Stato che ha l'obbligo di mantenerle in efficienza». «Investimenti che non aiutano il concessionario ma soldi che lo Stato spende per il suo demanio», chiarisce Emilio Squillante, segretario generale dell'authority partenopea. «Il presunto aiuto - continua - non è né diretto, perché qui non si tratta di costruire navi, né indiretto, perché non riguarda agevolazioni creditizie, fiscali o garanzie». In sintesi, secondo l'authority, si tratta di soldi spesi dallo Stato per mantenere le infrastrutture nelle condizioni per essere concessionabili.
 
«Mi sembra singolare che l'indagine sia contestata ad opere che riguardano i bacini», commenta Luigi Salvatori, presidente di Cantieri del Mediterraneo. «C'è il rischio - continua - che si metta in atto un meccanismo che pregiudichi tutti gli interventi infrastrutturali. Seguendo la logica della Commissione Ue, l'istruttoria dovrebbe essere estesa a tutte le opere, come per esempio l'acquisto delle gru per il terminal container, il prolungamento dell'Immacolatella, o i lavori per il molo 50». Un discorso, secondo l'imprenditore, che si allargherebbe a tutti i porti italiani considerando che i fondi per il demanio marittimo sono gestiti così. «Credo - conclude Salvatori - che la segnalazione all'Ue sia stato un atto strumentale da parte di un concorrente con lo scopo di danneggiarci». La gestione dei bacini di carenaggio è una questione ancora aperta su cui la magistratura tutt'ora indaga. Per gli imprenditori del settore, l'oggetto della contesa è la delibera dell'Autorità portuale sul riordino della cantieristica (la 52/2001) che assegnava i bacini ai singoli cantieri ma che non è mai stata attuata completamente.