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28 marzo 2024, Aggiornato alle 14,01
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Infrastrutture

Abbamonte: «Nella vertenza Conateco chi rischia di più è l'Autorità del porto»

La Corte dei conti potrebbe chiedere al concessore i mancati incassi sui canoni demaniali del terminal container del porto di Napoli. Giovedì in Comitato si discuterà la revoca della concessione. Gli scenari e i possibili accordi


di Paolo Bosso 
 
«Quello che è certo, è che se a Conateco venisse ritirata la concessione non ci sarà nessuna paralisi. Il terminal container del porto di Napoli deve restare operativo fino all'arrivo del nuovo gestore». Andrea Abbamonte, avvocato amministrativista, che da anni segue le vicissitudini giudiziarie dell'Autorità portuale partenopea, delinea in questi termini lo scenario peggiore che attende il porto Napoli.
 
Sette milioni di debiti 
E per lo scalo campano se n'è aperto uno del tutto nuovo. Giovedì il Comitato portuale discuterà infatti, per la prima volta, la revoca della concessione al terminalista Conateco. La questione è nota e va avanti da anni. La negoziazione è estenuante e verte principalmente sul mancato pagamento dei canoni di concessione demaniale degli ultimi anni, a cui si aggiungono debiti sull'uso di due gru di banchina, licenza d'impresa, consumi elettrici e indennità di mora. L'Autorità portuale chiede in totale 7,2 milioni di euro, cifra leggermente superiore a quella che risulta a Conateco (6,9). Ma che tra le due parti tornino più o meno i conti è già tanto. Di questi 6,9 milioni che risultano a Conateco, il terminalista proporrà giovedì un piano di rientro a metà: un milione di euro subito, poi circa 2,4 milioni da rateizzare fino ad aprile 2016. Il resto (3,4 milioni) sono di fatto congelati in quanto rientrano in un'ingiunzione di pagamento che l'Authority ha ottenuto qualche mese fa e su cui si pronuncerà il Tribunale di Napoli a gennaio dell'anno prossimo. Ricapitolando: su circa sette milioni di euro di debito, grossomodo una prima metà verrà pagata nel giro di un anno, il resto dipenderà dall'udienza in Tribunale.
 
Avvocato Abbamonte, una situazione ingarbugliata è dire poco.
Questo tipo di conflitti sulle concessioni ci sono sempre stati al porto di Napoli. Difendo da avvocato gli ex presidenti Nerli e Dassatti, l'ex segretario generale Capogreco, la storia giuridica insegna che prima o poi interverrà la Corte dei Conti.
Ovvero?
Che la Corte non chiederà i soldi al concessionario, ma al concessore.
Ai dirigenti dell'Autorità portuale insomma.
Sì.
Conateco si è sempre difeso dicendo che si è indebitato a causa di mancate infrastrutture che non hanno portato i traffici prospettati.
Le pare che discuteranno di questo nelle stanze dove si prendono le decisioni? Questi sono discorsi da fare così, pour parler. Il diritto amministrativo su questo non interpreta: se un concessionario non paga, va via, ed è il motivo per cui alla fine, procedendo coi gradi di giudizio, la responsabilità ricade sull'Autorità portuale, perché alla fine qualcuno deve pagare. Le concessioni si danno e si revocano, il discorso è semplice. Se al porto di Napoli le cose non vanno in questo modo non è perché si applica una legislazione diversa, ma perché c'è sempre stato un laissez-faire che oggi si paga.
Tracciamo lo scenario peggiore: giovedì verrà revocata la concessione a Conateco. Cosa succede?
Dovranno passare dai tre ai sei mesi di tempo per chiudere il procedimento. Nel frattempo sarà indetta la gara e, come sempre succede in questi casi, il concessore, cioè l'autorità portuale, farà gestire questo periodo di transizione alla stessa Conateco. A Napoli, con le società di smaltimento rifiuti a cui viene revocata la concessione, si è sempre fatto così: il Comune revoca la concessione e, mentre organizza il nuovo bando, mantiene il concessionario.
 
Nell'immagine in alto, una seduta della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia